Per quanto assurda possa sembrare la cosa uno dei settori che per primo ha ridato fiato ai mercati durante la grande crisi del decennio è stato proprio quello del lusso.
D’altronde è risaputo che uno degli effetti principali di questo periodo è stata una massiccia concentrazione della ricchezza in poche mani e viceversa un allargamento della base di poveri o semi-poveri.
Quale settore meglio del lusso poteva dunque approfittare di questa tendenza?
In questi giorni ci hanno colpito tre casi particolari di aziende quotate nel segmento del lusso.
Cominciamo da Porsche: faceva specie l’ingresso della prestigiosa casa automobilistica tedesca nel segmento diesel. Quasi una rinuncia alle proprie peculiarità , direi un andare contro natura in effetti poco premiato dal mercato che ha invece insistito sui modelli, come da tradizione, a benzina.
Molto interessante e in linea coi trend attuali quindi il programma di abbandonare il segmento diesel per “buttarsi” nell’ecologico ibrido. Una produzione quella dell’ibrido fin qui dominio delle case giapponesi con target popolari ma che ora grazie a Porsche estenderà la sensazione, oggi molto ricercata, di rispetto ambientale anche alle auto di lusso.Porsche ha deliberato di investire oltre sei miliardi di euro sulla mobilità verde da qui al 2022. Nel 2019 è programmata la commercializzazione della sua prima sportiva a emissioni zero, la Taycan.
Insomma un titolo da tenere d’occhio…
La vendita di Versace alla americana Kors per circa due miliardi di euro spoglia di italianità uno dei marchi più potenti del made in Italy della moda, dal Pret a Porter all’alta moda. Donatella ha dichiarato che era un passaggio obbligato per la crescita. Ha rassicurato i lavoratori ed anzi promesso, anche in forza della sua partecipazione come socia di minoranza alla nuova Holding di controlloCapri Holdings Limited, che si prevede la creazione di molti nuovi posti di lavoro.
Dal canto suo l’amministratore delegato di Michael Kors ha saggiamente dichiarato: “Il made in Italy è la forza di Versace, non è possibile pensare a questo marchio diversamente”.
Pare avere già capito tutto…smaltito il costo di acquisto che pare di 1,83 miliardi di dollari è difficile pensare che gli americani non riescano ad ottimizzare ancora di più l’importantissimo investimento effettuato… a medio termine i corsi del titolo apprezzeranno?
Probabilmente sì.
Più dolente la situazione di Safilo che ha da pochi giorni rinnovato per la terza volta il contratto di licenza con Banana Republic per la produzione di occhiali da vista e da sole del brand rivolto per lo più al pubblico giovane. I conti però rimangono in disordine e questo accordo, che cuba per il 3% del fatturato, non è certo in grado da solo di invertire il trend che vede l’indebitamento in forte aumento.
Se a ciò si aggiungono ricavi in calo del 10% e una perdita semestrale in peggioramento di oltre il 40% rispetto all’anno scorso è chiaro che ci troviamo di fronte a un quadro abbastanza desolante.
Un titolo su cui il FLAT è già … abbondante.