A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT”
Talora capita che molti si rassegnino ad una situazione se non di vera e propria recessione, quanto meno di incertezza e di bassa crescita economica, come se fosse un destino obbligato e senza alternativa.
Ed in questi giorni tale prospettiva incombe, secondo diversi analisti, sul nostro paese.
Indice di fiducia dei direttori degli acquisti ed altri indicatori paiono dare ragione a costoro.
Ma è proprio così?
L’Italia è ormai avviata verso undestino immutabile ed ormai segnato, quasi come un dogma religioso?
La verità è spesso diversa da come la immaginiamo, ed anche in questo caso occorre affrontare la questione sotto diversi punti di vista.
Ma per dare ordine alle mie riflessioni, ecco un breve indice degli argomenti:
- Curva dei tassi
- Propensione marginale al consumo e moltiplicatore economico
- Dinamiche del debito
- Ipotesi di sforamento del budget o ipotesi rigoriste?
- Interventi integratori
Curva dei tassi
Spesso i dati su crescita o decrescita, unitamente ad altri elementi del quadro economico, sono del tutto decontestualizzati, e divengono, purtroppo, nell’opinione di troppi analisti, dogmi da osservare come fossero una verità incontestabile, desunta quasi da una sorta di credo religioso di qualche tipo.
Anche il dato sulla fiducia pare non promettere bene, in effetti, eppure….
Come qualcuno ricorderà, già in passate analisi di qualche tempo fa avevo indicato come l’Italia fosse messa decisamente meglio di quanto i dati ufficiali prospettassero.
Mi ero basato soprattutto sulle indicazioni fornite da un indicatore come la curva dei rendimenti, e poi in positivo uscirono dati, guarda caso, sorprendenti per molti, non certo per me, peraltro assecondati anche da un trend rialzista del nostro indice.
Oggi la curva dei rendimenti, che è spaventosamente invertita al ribasso per certi paesi, come la Turchia, certo è in una situazione ben diversa in relazione alla struttura dei titoli del debito pubblico italiano.
Una curva che, come già sottolineato in altri interventi, ha solo moderatamente attenuato la propria pendenza rialzista, indicando possibilità di rallentamento, ma non di inversione del ciclo economico.
Già questo è un dato su cui riflettere.
Propensione al consumo ed esperienze internazionali
Anche le esperienze di politiche economiche di altri paesi, come USA e vari altri, evidenziano che è possibile ottenere un effetto moltiplicatore nell’ economia di un paese, sfruttando la propensione marginale al consumo.
Di cosa si tratta?
Ipotizziamo che il paese goda, ad un certo punto, di un risparmio fiscale di qualche tipo, per cui l’italiano si trova, mediamente, più soldi a disposizione.
Di tale somma può fare uso acquistando beni o servizi e risparmiando il resto.
Di qui il concetto di propensione marginale al consumo, che indica quanto percentualmente, della maggior somma avuta a disposizione, si tende a spendere.
A questo punto, avendo a disposizione questo dato, tramite una semplice formula matematica, è agevole comprendere di quanto possa crescere la base economica di un paese.
Ecco la formula:
1/(1-c).
Proviamo a fare due esempi con c al 20 ed al 40 per cento.
Nel primo caso avremo come risultato 1,25, nel secondo 1,66.
Questo significa che per ogni euro impiegato ad esempio in defiscalizzazioni, il sistema economico crescerà del 125 o del 166 per cento, fornendo in tal modo almeno in parte anche la copertura finanziaria per le necessarie politiche di riduzione della pressione fiscale o della spesa usata per redistribuzione di reddito a favore dei cittadini.
Con un esempio ulteriore capiremo meglio questo concetto:
ipotizziamo che vi sia un’operazione di riduzione della pressione fiscale pari a 100 miliardi.
Ed ipotizziamo che vi sia una propensione marginale al consumo pari al 10 per cento.
L’effetto sarà di ottenere una base economica di 111 circa, certo non sufficiente a coprire l’intero importo legato alla defiscalizzazione, cioè 100 miliardi, dal momento che la base economica si incrementa solo di circa 11 miliardi.
Ipotizzando una pressione fiscale scesa, ad esempio, dal 60 al 50 per cento; per avere una pari riduzione della pressione fiscale e della copertura, conseguente ad un incremento di base imponibile, occorre che la propensione sia al 50 per cento:
infatti: 1/0,5 =2.
Quindi ipotizziamo quanto segue: si passa da una pressione fiscale del 60 per cento ad una pressione fiscale del 50 per cento. Cosa succede con una propensione al consumo del 50 per cento?
Su 100 le entrate fiscali prima erano 60, poi 50.
Ma sul 10 lasciato al contribuente: 10/(1-0,5)= 20 che, tassato al 50 per cento, porta ulteriori 10 nelle casse dello stato.
E siamo alla parità tra riduzione della pressione ed entrate fiscali.
Ma ipotizziamo che la propensione marginale al consumo salga al 60, ad esempio per maggior ottimismo legato a prospettive di crescita economica.
Allora avremmo: 1/(1-0,6)=2,5. Quindi sui 10 miliardi di risparmio fiscale, l’economia si incrementerebbe di 25, che tassati al 50 darebbero entrate fiscali pari a 12,5, quindi in misura maggiore rispetto all’entità della defiscalizzazione.
Questo tipo di manovra espansiva presta però il fianco alle critiche di chi afferma che le cose potrebbero andare diversamente dal previsto.
Per rispondere a tale obiezione, occorre però considerare quali sono stati gli effetti, proprio in Italia, di politiche di questo tipo, per vedere come le cose potrebbero funzionare nel nostro paese, manovre in parte ad esempio recepite durante il governo Renzi, con dati significativi sui conti pubblici e sull’espansione economica.
In sintesi, ecco i dati più significativi:
– PIL: +1,6% dal pirmo trimestre 2014 al terzo trimestre 2016.
– Rapporto deficit/pil: -0,4% dal primo trimestre 2014 al secondo trimestre 2016.
– Debito pubblico: -43 miliardi (agosto e settembre 2016).
– Consumi famiglie: +3% dal primo trimestre 2014 al secondo trimestre 2016.
– Occupati totali: +656mila da febbraio 2014 a settembre 2016.
– Occupati dipendenti permanenti: +487mila da febbraio 2014 a settembre 2016.
– Inattivi: -665mila da febbraio 2014 a settembre 2016.
– Tasso disoccupazione: -1,1% da febbraio 2014 a settembre 2016.
– Tasso disoccupazione giovanile: -5,9% da febbraio 2014 a settembre 2016.
– Produzione industriale: +2,3% da febbraio 2014 a settembre 2016.
– Export: +7,4% da febbraio 2014 a settembre 2016.
– Bilancia commerciale: +18,3 mld da febbraio 2014 a settembre 2016.
– Fiducia consumatori: +13,4% da febbraio 2014 a settembre 2016.
Dinamiche del debito
Comunque una delle principali cause dell’incremento del debito pubblico, che pesa sulle decisioni in materia di legge finanziaria, come noto, è stato il cosiddetto divorzio tra ministero del tesoro e banca d’Italia, che ha impedito di acquistare quanto non coperto dai mercati a tassi ridotti.
Una funzione di questo tipo, pur svolta da un altro soggetto, come la BCE, consentirebbe un netto contenimento della dinamica del debito, e sarebbe significativa garanzia di solvibilità.
Una precisazione: non si pensi che tale divorzio sia stato operato aseguito dell’adozione dell’euro, perché fu un esecutivo a guida Spadolini ad introdurlo.
All’epoca diversi economisti erano a favore di tale divorzio, non ultimo il ministro Savona, che poi rivide al riguardo completamente le proprie posizioni.
Ecco, quindi, che un ritorno al sistema precedente potrebbe migliorare significativamente le cose.
Ipotesi di sforamento dei parametri finanziari o ipotesi rigoriste?
In questo periodo si confrontano sopratutto due linee, una, quella che fa leva sui concetti dianzi esposti di propensione marginale al consumo, l’altra, più rigorista ed attenta al rischio insito nella circostanza che tale propensione non sia ora su livelli sufficienti per una copertura di certe operazioni.
Precedenti esperienze, come quella del governo Renzi, paiono dar ragione a chi vorrebbe una manovra espansiva.Staremo a vedere cosa si deciderà.
Interventi integratori
Ovviamente vale la pena richiamare l’opportunità di una serie di politiche volte ad aumentare la fiducia verso il sistema Italia, come una giustizia più efficiente, maggior sicurezza dei trasporti, ed altro ancora.
Ma su questo non mi dilungo, perché pare un discorso quasi scontato, ripetuto in tempi diversi e con diversi esecutivi al comando, ma che pare doversi reiterare, visto che sotto questo profilo non pare che molto sia cambiato nel tempo.