Nonostante i tanti pericoli sul tappeto, cosa potrebbe portare i mercati azionari verso una nuova fase rialzista prolungata?

ProiezionidiBorsa

Cosa potrebbe modificare la situazione dal punto di vista macroeconomico internazionale, e portare soprattutto le Borse Usa verso un rinnovato, deciso trend rialzista? 

 

Abbiamo più volte detto che un indicatore fondamentale per anticipare economia e borse è la curva dei tassi.

Soprattutto perché consente di cogliere agevolmente e velocemente tensioni finanziarie, che i mercati proiettano su un determinato emittente di titoli obbligazionari, tipicamente gli stati sovrani.

La curva è, infatti, normalmente inclinata positivamente, e questo ha una sua logica.

Infatti, a fronte del medesimo emittente, più si allunga la scadenza, maggiore è il rischio assunto dal possessore di un titolo obbligazionario, perché deve detenere un titolo per un maggior periodo di tempo.

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Ne consegue che solitamente il rendimento sia maggiore per i titoli a più lunga scadenza, come premio per il maggior rischio assunto.

Ma allora, perché talora la curva dei rendimenti assume una configurazione opposta, ribassista?

Proprio perché se ci sono particolari tensioni finanziarie, si teme sulla sostenibilità dei titoli a minor scadenza, di cui potrebbe essere più difficile rimborsare cedola e/o capitale.

In questi casi, invece sulle scadenze più lunghe si ravvisa, contrariamente al solito, un rischio minore, proprio perché è possibile che le difficoltà finanziarie di breve/medio termine, sul lungo periodo vengano superate da condizioni migliori. Ragion per cui solitamente l’allungamento del debito è visto come fattore positivo.

Ed ecco anche perché la curva dei tassi dei titoli di stato di un paese, quando si appiattisce, o peggio si inverte negativamente, anticipa in molti casi una fase stagnante o recessiva.

Proprio perché la miglior garanzia per la sostenibilità del debito pubblico è la crescita economica di un paese.

Rallentando questa, diviene più difficile, pur a fronte di un aumento della base imponibile, garantire quei flussi finanziari che servono, come si suol dire, a coprire il servizio del debito.

Sulla base di quanto precede, va ricordato che tutte le recessioni statunitensi, dopo la seconda guerra mondiale, non a caso sono state anticipate da una curva ribassista o passata comunque ad una minor inclinazione positiva e quindi in laterale.

Che poi è quello che si è verificato negli ultimi tempi.

A causa, probabilmente, anche del rientro dalla politica di quantitative easing, responsabile peraltro di uno dei più lunghi periodi di crescita del comparto azionario, nonché di una stagione di tassi tenuti al ribasso per lungo tempo.

Ora le cose stanno cambiando.

Si prevedono ulteriori rialzi di tassi da parte della Fed, una economia prevista nella sua parte rialzista conclusiva, e quindi con conseguente surriscaldamento dell’inflazione, nonché un rientro dalla politica monetaria espansiva da parte delle banche centrali.

Sta di fatto che, a prescindere da quali possano esserne le cause, i segnali sulla curva dei rendimenti dei titoli di stato USA stanno lanciando un serio campanello d’allarme, soprattutto dopo che il decennale ha toccato il rendimento del 3 per cento.

Conseguentemente, i listini azionari USA hanno poi replicato l’andamento della curva, formando un massimo a gennaio, ed ora cosa potrebbe cambiare la situazione in positivo?

In sintesi, ancora una volta, le indicazioni della curva, nel caso si invertisse l’attuale trend di appiattimento, che continuando porterebbe ad un’inclinazione ribassista.

Significherebbe che i mercati hanno avuto un ripensamento sulle condizioni economiche della prima economia occidentale.

Tuttavia questa non sembra la realtà della situazione attuale, anche a fronte di alcuni dati provenienti dalle trimestrali.

Difficile, quindi, pensare ad un repentino cambiamento di view.

Quanto all’efficacia della curva dei rendimenti, basti considerare cosa ebbi a dire a proposito del listino italiano, proprio a fronte dell’inclinazione della curva italiana, in tempi non sospetti.

Pare quasi venuta meno la correlazione con gli indici USA, cosa teoricamente difficile da ipotizzare.

Una ragione in più a sostegno dell’efficacia di questo strumento.