ANCHE LE MANIFESTAZIONI ED I BLOCCHI DI QUESTI GIORNI SONO UN SEGNALE RILEVANTE DI UNA SITUAZIONE DI DECLINO: QUALI LE CAUSE DEL DECLINO ECONOMICO ITALIANO?
Le manifestazioni di questi giorni trovano diverse componenti e concause, non ultima delle quali una situazione di pesante disagio per molti nuclei familiari.
Non è un caso che tali eventi si concentrino nella settimana del voto di fiducia verso il governo Letta, che viene interpretato come mero esecutore di politiche decise a livello sovranazionale europeo, con particolare riferimento alla linea di rigore particolarmente gradita in sede UE.
Ma le cause del declino italiano hanno origine antiche.
In primis, va ricordato il divorzio intervenuto a suo tempo tra governo e banca d’Italia.
Prima che intervenisse tale divorzio, se lo stato aveva difficoltà a finanziarsi sul mercato tramite emissioni di titoli di stato, la banca d’Italia interveniva come prestatore di ultima istanza, acquistando il quantitativo di titoli invenduto.
Già prima dei trattati europei, era tuttavia intervenuta una normativa italiana a vietare tale possibilità.
E QUALI VANTAGGI APPORTAVA L’ACQUISTO DI TITOLI DI STATO DA PARTE DELLA BANCA D’ITALIA?
Sostanzialmente si trattava di acquisto a condizioni privilegiate e cioè ad un tasso inferiore a quello di mercato.
Invece di un tasso del 4, ad esempio, un tasso dell’1.
Consideriamo la differenza in termini di minori interessi passivi.
Su un totale di 2000 miliardi di euro di debito pubblico, un 4% di interessi equivale a 80 miliardi, mentre l’1% ammonta a 20 miliardi.
Anche questo elemento spiega, quindi, la dinamica della sostenibilità del debito pubblico.
E LE ALTRE CAUSE DEL DECLINO?
Sono essenzialmente due.
Le dismissioni del patrimonio aziendale italiano ed una politica impostata essenzialmente su rigore e prelievo fiscale.
Nel tempo, molte imprese italiane sono finite in mani estere, cosa che non è stata impedita dai nostri governi.
Peraltro, a fronte della crisi economica internazionale, i vincoli europei hanno spinto solo per politiche di rigore, senza spazio allo sviluppo.
Difficile sostenere nel tempo la solvibilità del debito pubblico senza spazio per la crescita, soprattutto se la mole di debito pubblico raggiunge certe cifre o valori percentuali consistenti sopra il PIL.
Va ricordato che siamo arrivati al 160 per cento già ai tempi di Prodi ed una rigida applicazione dei parametri europei non ci avrebbe consentito di entrare nell’eurozona.
MA ALLORA COME ABBIAMO OTTENUTO QUESTO RISULTATO?
C’era un preciso interesse di altri paesi a inserirci nell’euro.
In particolare di Francia e Germania, poiché le loro economie puntavano a conquistare quote del mercato comune anche in Italia.
Anche per questo motivo, come dire, si chiuse un occhio su certi parametri.
E GLI ALTRI PAESI EUROPEI?
Molti presentavano parametri miglior dei nostri, ed avendo quindi i conti maggiormente in regola hanno saputo meglio affrontare la crisi iniziata nel 2007.
MA L’EURO HA FAVORITO O NO LA PRESENTE SITUAZIONE?
Certamente si, soprattutto nel senso di richiedere politiche di rigore, che sono difficilmente gestibili in periodi di crisi economica.