Cosa anticipa il movimento dei mercati azionari? Quando e perchè le borse scendono?

ProiezionidiBorsa

Le borse anticipano il ciclo economico, espansivo se il Pil cresce, negativo in caso di decrescita del Pil.

Ma cosa anticipa, a sua volta le borse?

La curva dei rendimenti.

Se avete letto alcuni miei articoli in passato, quando ho commentato i tanto sbandierati dati USA, relativi a presunte migliorie della situazione economica, vi ricordate cosa dissi?

Ebbene, dissi che le cose non stavano così.

L’economia statunitense, motore trainante almeno per una significativa parte del mondo, sicuramente quello delle economie occidentali, stava, anzi, dando segnali di netto rallentamento economico, secondo i mercati.

E quando parlavo di mercati, intendevo riferirmi essenzialmente proprio alla curva dei rendimenti statunitense, che non sbaglia mai, o quasi mai, le sue proiezioni economiche.

E’ chiaro che se questi segnali proseguono, le cose per le borse si mettono male, perché finisce la bolla rialzista, ed inizia quel bagno di realtà che porta dai voli pindarici al ritornare sulla terra (leggesi situazione dell’economia reale).

Ma quali sono questi segnali?

Solitamente si notano le seguenti indicazioni, in ordine cronologico, come proiezione di una futura crisi economica:

spread tra scadenze a 5 e 30 anni in discesa;

la curva attuale, in alcuni tratti, che comincia a scendere sotto la curva di un mese fa e, peggio ancora di un anno fa, con un significato del tutto analogo a quello di medie mobili di breve e medio, che scendono sotto quelle di lungo;

infine la curva si inverte e le scadenze a breve hanno un tasso maggiore di quelle a lungo.

Questa è la tipica dinamica di una curva dei rendimenti che proietta fasi di recessione/stagnazione.

Guarda caso la curva dei rendimenti statunitense presente le prime due caratteristiche, cosa che avevo anticipato sarebbe successa, e quindi significa che i mercati vedono all’orizzonte quanto meno una possibile fase di contrazione/stagnazione, se non una vera e propria recessione dell’economia a stelle e strisce.

Ovviamente, anche se le curve dei rendimenti di altri paesi hanno, invece, connotati decisamente più positivi per l’economia, in senso rialzista, per il destino delle borse conta maggiormente la correlazione, che storicamente si attesta attorno al 75 per cento, delle altre borse occidentali, con quella USA, e quindi comincia a farsi sentire pesantemente la forza di gravità, che spinge al ribasso.

Ma esaminiamo più nel dettaglio cosa ci dice la curva dei rendimenti USA, e poi, con un diverso tipo di analisi, andremo a calcolare se i mercati oggi stimano una maggior probabilità cumulata di default dei titoli del debito pubblico statunitense, rispetto ad un anno fa, con particolare attenzione alla scadenza quinquennale, che è quella più rilevante per l’andamento delle borse nel medio/lungo (trend di almeno un paio d’anni).

Perché è ovvio che una maggior probabilità di default è conseguenza di una valutazione di stagnazione o crisi economica, da cui consegue una valutazione di maggiori difficoltà di finanziare il debito pubblico con entrate fiscali, che andrebbero applicate su una minor base imponibile, a parità di aliquote fiscali.

Cosa dice la curva dei rendimenti?

Un anno fa lo spread tra la scadenza a 5 ed a 30 anni era l’1,21%, mentre ora si attesta su un modesto 0,75%, il che significa che si riducono le prospettive di crescita dell’economia USA.

A differenza, ad esempio, di quanto indicato dalla curva dei rendimenti italiana, che è invece in crescita, sul medesimo spread.

Un anno fa valeva il 2,19%, oggi il 2,45%.

Inoltre sulla scadenza trentennale, la curva USA ha rendimenti attuali inferiori sia a quelli di un mese fa, sia a quelli di un anno fa, segnale che depone ulteriormente a favore di scenari stagnanti/recessivi.

Ma cosa ci indica la probabilità cumulata di default sulle scadenze a 5, 10 e 30 anni del debito pubblico statunitense?

Oggi è aumentata o diminuita?

Come in precedenti articoli, lo calcoliamo con il metodo dello spread di rendimento rispetto ad un titolo considerato risk free, il bund tedesco.

Scadenza 5 anni: un anno fa 10,15%; oggi 11,22%.

Scadenza 10 anni: un anno fa 18,53%; oggi 17,78%.

Scadenza 30 anni: un anno fa 46,52%; oggi 36,43%.

Come notiamo, assistiamo ad un pur moderato incremento nella valutazione del rischio di default sul tratto a breve ed a una diminuzione sul tratto a medio e lungo termine.

Complessivamente, possiamo quindi dire che i mercati stimano un incremento di difficoltà finanziaria sulla situazione infraquinquennale dell’economia a stelle e strisce, pur in un quadro di tenuta e miglioramento sul lungo termine.

Soprattutto in caso di ulteriori peggioramenti dell’inclinazione della curva dei rendimenti, quanto basta per dar inizio ad un mercato bearish di un paio di anni sul comparto azionario dei principali listini occidentali.

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Secondo me con i metodi di Gian Piero Turletti si può avere sia una visione anticipata di quello che poi capiterà sui mercati, sia segnali trend following, di conferma, desunti dai metodi stessi.
Cimatti Mario Marco