Roubini mette in guardia riguardo una gigantesca bolla speculativa sul Bitcoin

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Fonte BusinessInsider

Intervista a Nouriel Roubini: i bitcoin sono una “gigantesca bolla speculativa” che prima o poi avrà fine

Nouriel Roubini, che salì alla ribalta per aver previsto la crisi finanziaria del 2008, fa onore al suo soprannome, dottor Sventura, quando parla delle criptovalute.

Il Bitcoin, ha dichiarato parlando con Business Insider Polonia, sarà regolamentato a tal punto che “avrà fine”. Nell’intervista di ampio respiro – in cui sono stati trattati i temi più diversi, dalle prospettive di un’altra crisi finanziaria alle ricadute della Brexit – Roubini si è espresso in toni generalmente ottimistici. Business Insider Polonia è stata una delle poche testate che ha parlato con il docente quando si è recato in Polonia su invito di Bank Pekao.

Ecco la trascrizione integrale dell’intervista:

Damian Szymański, Business Insider Polonia (BI): il dottor Sventura sembra essere di ottimo umore. Dovremmo preoccuparci? Che tipo di notizie ha portato a Varsavia, buone o cattive?

Nouriel Roubini: A dire il vero sono il signor Realista, più che il dottor Sventura (ride). Ma quando ebbero inizio certe turbolenze finanziarie fui il primo a parlarne, e ad alta voce. Da ciò nacque quel soprannome. Gli economisti però devono sempre soppesare le proprie ragioni, verificare i rischi, riassumere i pro e i contro e a volte lanciare avvertimenti. È un settore tosto. Ma per quanto riguarda la Polonia non ho brutte notizie.

BI: Il nostro paese si trova nel bel mezzo di un boom ciclico. L’economia sta fiorendo.

Roubini: Beh, non si può che essere d’accordo. Dalla trasformazione in poi l’economia polacca si è sviluppata crescendo del 4% circa all’anno. La World Bank, il Fondo monetario internazionale e le agenzie di rating prevedono che continuiate a crescere a un tasso del 3,5-4,5%. La crescita potenziale potrebbe essere ancora più elevata. Tuttavia avete una sfida molto ardua da superare.

BI: Quale?

Roubini: Ora glielo spiego. Se sei un paese sottosviluppato, per registrare una crescita incredibile basta che tu accumuli capitale e abbia manodopera disponibile. Quando però arrivi a una fase mediamente sviluppata non è così facile raggiungere il livello di un Paese avanzato. Ci vogliono più innovazioni, investimenti, efficienza della manodopera, produttività, spesa di R&S. Queste cose sono molto più difficili da realizzare e richiedono una politica economica assennata e responsabile.

BI: E la buona notizia qual è?

Roubini: A mio parere, con un incremento del Pil del 4%, nel giro di cinque-dieci anni potrete avvicinarvi maggiormente ai Paesi ad alto reddito. E questa è una prospettiva piuttosto buona.

BI: Parlando di prospettive, è d’accordo con la World Bank che tra le minacce fondamentali per la Polonia nel prossimo futuro ha citato la mancanza di manodopera altamente qualificata?

Roubini: Non mi sorprende. Il vostro Paese recentemente ha abbassato l’età di pensionamento; l’intera Europa è alle prese con problemi legati all’invecchiamento della società. Inoltre molte persone hanno lasciato il Paese. Devo sottolineare però che se continuerete a investire sulle persone, sulla loro istruzione e se allo stesso tempo la vostra economia continuerà a crescere, è possibile che molti emigrati tornino in Polonia. Dobbiamo ricordare che le persone amano la loro patria. Se si renderanno conto che in più offre una buona qualità di vita, ci torneranno.

BI: Torneranno se non avverrà un crollo simile a quello del 2008. Dato che lei riuscì a prevedere il più grave crollo dell’economia mondiale dalla Grande depressione degli anni Venti del secolo scorso, devo porle questa domanda: il mondo sta andando incontro a un destino simile in questo preciso momento? Lei riscontra sintomi di una crisi imminente?

Roubini: Non vedo minacce simili per il prossimo anno e mezzo/due anni. Ma nel lungo periodo scoppierà una crisidi qualche tipo, questo è sicuro. Se succederà negli Stati Uniti, in Cina o in Giappone, però, non lo sappiamo. Avrà una portata mondiale o locale? Non sappiamo neanche questo. Tuttavia bisogna ricordare che una crisi non è qualcosa di imprevedibile, come un terremoto. Tutte le crisi hanno uno sviluppo graduale, un passo dopo l’altro. Continuiamo a scalare, sempre più in alto, finché raggiungiamo il punto finale. E a quel punto, patapam! Abbiamo un crollo.

BI: In questo momento dunque ci troviamo a metà di questa strada verso la vetta? O stiamo solo iniziando a scalare?

Roubini: Ci sono certe aree del settore delle imprese statunitensi, eccessivamente indebitate, che possono creare problemi. Anche il settore finanziario non bancario e l’incremento del debito pubblico delle nazioni sono motivi di preoccupazione, ma per ora non vedo segnali di un crollo in arrivo. La situazione però deve essere monitorata con attenzione. Il debito deve essere speso negli investimenti, non nei consumi; questo è l’unico modo per evitare un’altra crisi finanziaria.

BI: Mi sta dicendo che abbiamo imparato qualcosa dall’esperienza del 2008?

Roubini: C’è stato un cambiamento molto significativo nel settore bancario, sia negli Stati Uniti che in Europa. Prima dovevamo far fronte a un forte indebitamento, a rischi elevati o alla mancanza di liquidità. Da allora sono state introdotte molte soluzioni per rendere più stabile il settore bancario. Il miglioramento è evidente. Ci sono ancora però alcune banche, specialmente ai margini dell’Eurozona, che hanno bisogno che i loro bilanci siano messi in ordine, in particolare a causa dei bad loans [crediti inesigibili ndt]. Abbiamo bisogno di un consolidamento e di una gestione più efficiente.

BI: Si riferisce all’Italia?

Roubini: Non solo. La Grecia o alcune banche spagnole sono ancora afflitte dai bad loans. Devo sottolineare però che in linea di principio l’intero settore ha un aspetto molto migliore. Tutto si muove nella direzione giusta.

BI: Ascoltandola in questo momento sembra di sentir parlare un ottimista. Recentemente Torsten Slok, chief economist di Deutsche Bank, ha detto che i rendimenti negativi del mercato obbligazionario indicano una bolla enorme della dimensione di circa 8 miliardi di dollari. Non vede alcuni rischi in quest’area?

Roubini: L’economia mondiale continua a crescere, il tasso di inflazione è ancora basso e le banche centrali si allontanano lentamente dalla loro politica monetaria anticonvenzionale, estremamente mite. Gli investitori acquistano rischi e il loro atteggiamento verso il rischio è ottimistico. In questo preciso momento dunque non vedo gravi minacce. Se però ci sarà un rapido incremento dei rendimenti obbligazionari, forse assisteremo a una correzione significativa sul mercato azionario. Io però non credo che succederà.

BI: Perché no?

Roubini: Per una serie di ragioni legate ai fondamentali. A livello mondiale c’è una grande quantità di risparmi, ma non ci sono molte spese di investimento. I mercati sono favoriti anche dalla politica monetaria molto allentata delle banche centrali, di cui ho già parlato, che hanno continuato ad acquistare titoli di Stato e hanno fatto scendere i rendimenti al di sotto dello zero. Questo naturalmente non significa che le banche possano dormire sonni tranquilli. Devono normalizzare i propri interventi con prudenza, per adeguarsi alle aspettative dei mercati.

BI: La settimana scorsa Mario Draghi, in uno degli incontri più importanti di quest’anno, ha dichiarato che l’euro forte e le turbolenze mondiali sono le uniche minacce che incombono sull’Europa.

Roubini: È vero che quest’anno l’euro si è rafforzato leggermente. Ma a mio parere non dovremmo preoccuparci troppo del fatto che il tasso di cambio euro-dollaro sia inferiore a 1,2 o 1,15. Inoltre la Banca centrale europea non avrà di certo intenzione di rafforzare l’euro, perché questo comporterebbe un calo dell’inflazione e i beni europei diventerebbero meno competitivi sui mercati globali, il che scombussolerebbe la bilancia commerciale. E nessuno vuole che avvenga.

BI: La crescita potenziale dell’Eurozona però è ancora molto bassa.

Roubini: È vero. Ed è per questo che c’è bisogno di riforme strutturali – non solo politiche, ma anche legate a un’unione bancaria. Occorre decidere a quale distanza si può cooperare nell’area fiscale. So che state ancora dibattendo sull’argomento, ma gradualmente dovreste impegnarvi per conseguire quell’unione finanziaria che renderà più stabile l’Eurozona. Ovviamente bisognerebbe anche considerare certi rischi politici – le elezioni in Italia, i problemi legati alla Catalogna.

BI: E la Brexit?

Roubini: Inizialmente la Brexit avrebbe dovuto condurre alla disintegrazione dell’Unione Europea. Si pensava la stessa cosa quando Donald Trump è diventato presidente degli Stati Uniti. A mio parere è successa la cosa opposta. A causa della Brexit avete finalmente iniziato a parlare di iniziative congiunte contro il terrorismo; sono emerse questioni come la difesa congiunta e l’approvazione di spese aggiuntive per le infrastrutture. Inoltre non vedo segnali di un effetto domino, cioè il timore che altri paesi seguano l’esempio del Regno Unito.

BI: E non teme l’ascesa del protezionismo? Pensi alle parole di Donald Trump su un’uscita degli Stati Uniti dal Nafta, al congelamento dei negoziati sul TTIP, alle accuse di manipolazioni valutarie mosse contro la Cina.

Roubini: Queste sono minacce davvero gravi. Alcuni ritengono che il libero commercio sia uno dei motivi della distribuzione iniqua dei beni. In altre parole alcune aziende perdono il proprio reddito, alcune persone perdono il posto di lavoro, e il protezionismo è considerato una buona soluzione a questi problemi. Così gli Stati Uniti si muovono verso un maggior protezionismo, ma non sappiamo quale forma assumerà – se sarà duro o morbido. La questione è ancora aperta.

BI: Lei pensa che sia un approccio corretto?

Roubini: No. In fin dei conti il protezionismo conduce sempre a un incremento dei prezzi dei beni nel paese in questione, colpisce il consumatore e fa ben poco per salvaguardare i posti di lavoro o le imprese. A mio parere in futuro saranno le nuove tecnologie, più che il libero mercato o le migrazioni, a costituire un fattore molto più dirompente che getterà il caos sul mercato del lavoro. Io sono a favore del libero mercato, ma dovrebbe andare a vantaggio di tutti, dell’intera società. Se ci sono persone che hanno perso il lavoro a causa dell’abbassamento delle barriere al commercio, dovrebbero ricevere un supporto e un aiuto appropriato; bisognerebbe cambiare il settore, implementare nuove tecnologie. In altre parole dovremmo investire sulle persone. Non puoi semplicemente dar loro un impiego per sei mesi e poi dimenticartene. In questo modo si sentiranno abbandonate, trascurate, respinte dalla globalizzazione.

BI: Sembra di sentir parlare i rappresentanti del Fondo monetario internazionale. Quest’anno l’ente ha inviato un messaggio molto chiaro: occorre combattere le disuguaglianze di reddito, perché distruggono il nostro potenziale e minacciano la crescita economica.

Roubini: Perchè è vero. È davvero il momento di dirlo chiaro e forte; negli ultimi anni il ruolo dei sindacati si è ridotto, le imprese hanno subito ogni sorta di ristrutturazione. Il nostro mondo è cambiato. Ma questa è una strada pericolosa. Dobbiamo investire sul capitale sociale, sull’istruzione. Dobbiamo trasmettere forza alle persone, e la sensazione che possano cambiare qualcosa. Ci sono paesi privi di risorse naturali, come il Giappone, Singapore, Hong Kong; perché hanno avuto successo? Perché hanno investito sulle persone. Questo è il segreto del loro successo. Non si tratta solo di strade, infrastrutture e asset materiali. No. Prima di tutto occorre investire sulle persone.

BI: Non ha paura di tecnologie come la blockchain? Permette di ridurre il fattore umano al minimo. E chi ne trae vantaggio? Le criptovalute, come i bitcoin, sono state già definite dal CEO di JPMorgan, la più grande banca d’investimento del mondo, “la grande frode”.

Roubini: Prima di tutto distinguerei la blockchain dai bitcoin. La blockchain crea un’opportunità enorme di incrementare la produttività in molte aziende, e io penso che questa tecnologia sia qualcosa di molto positivo. Ma i bitcoin e le altre criptovalute – questa è tutta un’altra cosa. A mio parere esiste una gigantesca bolla speculativa in relazione ai bitcoin.

BI: Perché?

Roubini: Perché questo non è né un metodo di pagamento serio, né un buon modo per immagazzinare capitali. Il bitcoin si autoalimenta. Non esistono motivi fondamentali perché il suo prezzo raggiunga livelli simili. Per di più è usato anche dai criminali per le loro attività losche. Penso che sempre più Paesi inizieranno a dichiarare illegali gli scambi di criptovalute, come ha fatto la Cina. Entreranno in vigore nuove norme. Così tutto questo avrà fine.