A cura di Gian Piero Turletti
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Che lezione possiamo trarre dai risultati dei cosiddetti stress test bancari?
Direi che, sostanzialmente, abbiamo avuto la conferma di alcuni elementi, di cui avevo parlato nell’articolo della scorsa settimana, dedicato a questo tema.
Intanto, la discordanza tra previsione dei risultati e risultati effettivi, come da me preventivato.
Questo, infatti, non fa che confermare come le formule, pur uguali tra ABE e singoli uffici studi, poi di fatto divergano nei risultati concreti, proprio perché vengono applicati diversi coefficienti quantitativi nella loro concreta applicazione.
Di qui, quindi, già un’ovvia conseguenza della sostanziale inutilità di siffatti test.
La reale situazione finanziaria di una banca, infatti, da cosa è descritta?
Dai test condotti dall’ABE, da quelli condotti da qualche ufficio studi, o da cos’altro?
In realtà, quel che in effetti succederebbe nel caso si verificassero le ipotesi a base dei test, come vediamo, può essere molto diverso rispetto a quanto calcolato dai diversi test (vedasi esempio delle banche del nord europa, esposte soprattutto sui derivati).
Anche per questo, infatti, i test sono scarsamente rilevanti, sia perché poco attendibili, sia perché il mercato, quindi, non ne tiene conto.
Tra i titoli che maggiormente, sono rimbalzati, guarda caso, troviamo proprio il MPS, che invece è stata la banca bocciata proprio dai test.
Di cosa ha quindi tenuto conto il mercato?
Evidentemente, per il mercato, più che eventuali problemi evidenziati da questo o quel test, conta la possibile soluzione ai problemi stessi.
Ed è questo di cui ha tenuto conto il mercato, il piano elaborato per risolvere i problemi, pur evidenziati dai test.
Nelle ultime sedute, evidentemente, il mercato ha ritenuto attendibile quel piano, ma attenzione.
Un domani o a breve, quello stesso piano potrebbe invece essere considerato inattendibile.
Pertanto, semmai, è più utile valutare se, oggettivamente, a prescindere dalle dinamiche speculative dei mercati, quel piano effettivamente possa andare in porto.
La mia opinione è quanto meno improntata alla prudenza.
Non sono stati previsti, infatti, interventi pubblici, ma solo l’intervento del libero mercato, tramite cessione dei crediti in sofferenza ed aumento di capitale.
Ma per andare in porto il piano richiede che poi i soggetti coinvolti decidano effettivamente di votare, ad esempio l’aumento di capitale.
E se tale voto favorevole non ci fosse?
Come vediamo, certezze non ve ne sono, quindi è opportuna una sana prudenza che, negli ultimi anni, soprattutto sul settore bancario, è stata quanto mai doverosa.