A cura di Gian Piero Turletti
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Chi pensa che la Fed, o una qualsiasi banca centrale, termini necessariamente le munizioni a favore di una politica monetaria espansionista, quando i tassi sono prossimi o sotto zero, oppure quando ritiene di cessare di stampare moneta, per contenere il correlato indebitamento pubblico, a mio modesto avviso sbaglia di grosso.
Cosa potrebbe fare una banca centrale, ovviamente se cambiano le regole del gioco?
Ebbene, tornare al vecchio potere sovrano di stampare denaro.
Potere da ricondurre ad una banca centrale che stampi non in cambio di emissioni del debito, ma praticamente trasferendo direttamente la proprietà del medesimo allo stato.
Un tempo venivano emesse monete in metallo pregiato, o convertibili nel medesimo, ma una teoria economica, che potremmo definire come nuova teoria della moneta, e che io condivido, afferma che è possibile stampare denaro, senza correlata emissione di titoli del debito pubblico.
In tal modo, ovviamente, si troverebbero i soldi per molte cose, e senza problemi di pubblico indebitamento, ma ecco l’obiezione fondamentale: ma l’inflazione?
Si teme, cioè, che battere moneta, senza una correlata emissione di qualche forma di valore, esempio titoli del debito, possa ingenerare inflazione.
La risposta è…dipende..
Se, infatti, il valore di una moneta non è più rappresentato dal materiale di cui è fatto, né dalle riserve di metallo prezioso, in cui esso era convertibile, da cosa è rappresentato?
Ebbene, è rappresentato dal controvalore dei beni e servizi realizzati nel paese che ha emesso quelle monete.
Pertanto, una politica monetaria basata sull’emissione di nuova massa monetaria, finalizzata alla creazione di beni e servizi, ad esempio in base ai principi del moltiplicatore keynesiano, potrebbe ingenerare nuova ricchezza, alcun indebitamento, ed estendere la base imponibile di un paese con ulteriore beneficio per le casse pubbliche.
Non mi dilungo su alcuni tecnicismi, come il funzionamento del moltiplicatore, basti pensare a cosa potrebbe fare uno stato con quei soldi, ad esempio opere pubbliche, che a loro volta potrebbero realizzare nuovi investimenti, e via dicendo.
Solo un uso scriteriato del nuovo denaro prodotto porterebbe a tensione inflattive, ma non è, appunto, il caso di dilungarsi.
E’ una mia convinzione da molto tempo e non è cambiata, come sanno coloro che mi hanno seguito negli anni.
Ora, però, che dire dei mercati USA?
Ebbene, come previsto con largo anticipo da Magic box, proseguono il trend rialzista di lungo, con i seguenti obiettivi.
S & P 500: primo target di medio lungo a 2284 con primo setup entro gennaio 2017, secondo target a 2488 sempre entro lo stesso setup, terzo target a 2706 con primo setup entro marzo 2018.
Dow Jones: primo e secondo target 19280 e 20683 con primo setup entro settembre 2016, poi terzo target a 22100 con stesso setup, ma possibili setup più estesi nel tempo.
Nasdaq composite: target a 5580 e 6118 entro dicembre 2017 come primo setup, poi area 6600 con primo setup entro giugno 2019.
Come sempre, dovremo valutare per step e le proiezioni sono valide sino a segnale contrario.