Nonostante abbia lasciato molti operatori e analisti con un palmo di naso, la riunione della Banca Centrale Europea di ieri ha confermato che il presidente Mario Draghi può continuare a fregiarsi del soprannome “supermario”. L’azione dell’istituto di Francoforte ha infatti delineato una situazione in cui l’economia europea in ripresa ha reso necessari solo alcuni aggiustamenti, tra l’altro quelli ampiamente previsti, all’attuale programma di stimoli. Sono apparsi evidenti i contrasti interni al consiglio direttivo sottolineati anche dallo stesso Draghi nella conferenza stampa in cui ha dichiarato che “la decisione non è stata unanime” principalmente per il rinsaldamento del fronte teutonico con la presenza ingombrante di Jens Weidmann (presidente della Bundesbank ndr) che votava a rotazione. Tuttavia, abbiamo assistito secondo le attese a tutti gli elementi che erano stati resi più o meno noti 1. Taglio del tasso sui depositi, 2. Ampliamento della durata del QE fino a marzo 2017, e 3. Ampliamento del parco titoli acquistabili. La sorpresa per la mancanza di una super-performance è stata principalmente legata ad un’aggressività comunicativa eccessiva, ma che ha avuto il vantaggio di creare un effetto “doccia fredda” per mercati in surriscaldamento e per sancire ancora una volta che è Draghi che guida la macchina e che le attese dei mercati sono sì importanti, ma non quando rischiano di creare un eccessivo surriscaldamento e scollegamento (speculativo) da valutazioni corrette.
In un clima di forte tensione, l’OPEC si riunisce oggi a Vienna per la consueta riunione per determinare le strategie dell’organizzazione in materia di gestione della produzione di greggio.
Le posizioni sul fronte interno sono contrapposte e vedono da un lato i paesi “deboli” come Venezuela, Libia, Messico che chiedono una revisione dei livelli di produzione e se non altro il rispetto della media giornaliera di 30 milioni di barili, puntualmente superata, e dall’altra i paesi “forti” della penisola araba tra cui l’Arabia Saudita, il maggiore produttore OPEC, che avendo costi di break even molto bassi, puntano sulla strategia del mantenimento della fetta di mercato. Tornare al rispetto della media stabilita proprio dall’OPEC dai livelli attuali di produzione che raggiungono una media di 31.4 milioni di barili al giorno sarebbe sufficiente per ripristinare una dinamica dei prezzi più accettabile anche per i piccoli.
È ormai chiaro per tutti che la frattura interna all’OPEC rischia di diventare irreparabile così come l’influenza che l’organizzazione dei paesi produttori ed esportatori continua ad avere a livello globale.
Ciò che verosimilmente uscirà dalla giornata di oggi sarà paradossalmente il tentativo di stabilizzare il mercato (leggi risollevare il prezzo ndr) senza effettivamente fare nulla a riguardo. Anche perché il mercato il mercato dell’energia sta affrontando una importantissima fase di ristrutturazione e di riassestamento degli equilibri mondiali: una partita in cui nessuno vuole rischiare di rimanere indietro.
Sul fronte macro oggi saranno pubblicati i dati sul mercato del lavoro negli Stati Uniti, dati che dovrebbero uscire in linea con le attese e andare a consolidare la straordinaria performance dell’occupazione a stelle e strisce. Le sorprese potrebbero arrivare da tasso di disoccupazione e tasso di partecipazione da cui esso dipende, proprio perché il mercato del lavoro USA, che alcuni hanno descritto come “in surriscaldamento”, potrebbe riservare qualche colpo di scena.
Tuttavia, nessuno di questi elementi andrà ad influenzare la decisione della FED di rialzare i tassi durante la prossima riunione del 16 Dicembre. L’audizione di ieri davanti alla commissione del Congresso statunitense del governatore Janet Yellen ha fugato ormai ogni dubbio sull’intenzione del FOMC di agire in direzione di un rialzo dei tassi. Appare però sempre più chiaro che la decisione della Federal Reserve risulti maturata in un contesto più politico che di mera valutazione dei dati macroeconomici. È fondamentale analizzare la questione da un punto di vista di evoluzione politica in vista delle prossime presidenziali del 2016 e in questo senso rivedere le ultime comparizioni della Yellen di fronte alle commissioni bancaria e finanziaria di Senato e Camera, oltre all’analisi delle proposte legislative sul cosiddetto “Audit the FED” (supervisione della FED) per comprendere quale sia la reale agenda di Janet Yellen. Il governatore, nominato dal presidente democratico Barak Obaman, ha infatti intenzione di non scontentare il Congresso attualmente a guida repubblicana in vista delle prossime elezioni che potrebbero incoronare il GOP alla Casa Bianca. Contestualmente vuole mantenere saldamente il controllo sulla politica monetaria e sul “mandato duale” (massima occupazione e stabilità dei prezzi ndr) che, per ragioni più filosofiche che pratiche, i Repubblicani intendono limitare al mantenimento della stabilità delle dinamiche inflazionistiche, dimostrando in quest’ultimo caso che l’introduzione della Taylor-Rule proprosta dai repubblicani è fondamentalmente sbagliata.
Market Movers
14:30 Canada Disoccupazione cons. 7.0% prec. 7.0%
14:30 Stati Uniti Non-farm payroll cons. 190k prec. 271k
14:30 Stati Uniti Disoccupazione cons. 5.0% prec. 5.0%
16:00 Canada Ivey PMI cons. 55.3 prec. 53.1
18:00 Eurozona Discorso Draghi (BCE)
18:00 Stati Uniti Discorso Dudley (FOMC)
EURUSD
Dopo il marcato indebolimento della moneta unica durante la riunione di politica monetaria della BCE che ha portato il rapporto EURUSD dai minimi a 1.05 fino in area 1.0980, la giornata di contrattazioni in Europa si apre a quota 1.09 con un sensibile aumento della volatilità legata sia ai contraccolpi della decisione di ieri, sia in vista dei dati sul mercato del lavoro USA previsti per oggi. L’attesa è comunque per un consolidamento tra 1.0850 e 1.09 in attesa del pomeriggio dove potremmo assistere a sorprese sui numeri in uscita che potrebbero confermare la salita della moneta unica verso una conclusione di settimana a quota 1.09.
GBPUSD
Anche per la sterlina inglese la parola d’ordine è volatilità dopo i fortissimi recuperi di ieri che hanno riportato in area 1.5150 le quotazioni dai minimi da diverse settimane. La giornata di contrattazioni di oggi vede il rapporto GBPUSD fermo in area 1.5120 in attesa dei dati del pomeriggio sui nonfarm payroll che potrebbero creare ulteriore volatilità prima di un assestamento delle quotazioni del cable tra 1.51 e 1.5150.
USDJPY
Lo yen giapponese ha sfruttato la fase di indebolimento del biglietto verde per riportarsi nella giornata di ieri fino a quota 122.20, supporto strategico che ha poi respinto il prezzo verso 122.70 dove scambia in apertura delle piazze europee. La dinamica del mercato azionario nipponico con l’indice Nikkei della borsa di Tokyo che perde il 2.18% non ha contribuito come di consueto ad un rafforzamento dello yen, segnale che il movimento sull’azionario segue a ruota le perdite europee di ieri, mentre lascia sostanzialmente invariato il quadro sul mercato valutario che continua a vedere USDJPY scambiare in area di stabilità tra 122.20 e 123.50.
Emanuele Rigo