A nemmeno due settimane dall’atteso consiglio direttivo del 10 marzo della BCE non è ancora chiaro quale posizione prenderanno i banchieri centrali dell’Eurozona relativamente alla stretta monetaria ritenuta ormai necessaria per fronteggiare la recrudescenza inflazionistica in corso. La quale recrudescenza, ormai l’hanno capito tutti, non sarà per niente quel “fenomeno temporaneo” che i policy maker di tutte le istituzioni internazionali pensavano fosse, soltanto fino a qualche settima fa.
Certamente, lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina rischia seriamente di rimescolare di nuovo tutte le carte in tavola. Il capo economista della Banca centrale europea, Philip Lane, ad esempio, la scorsa settimana ha sostenuto che il conflitto in corso potrebbe ridurre il PIL della zona euro dello 0,3%-0,4% rispetto alle previsioni precedenti nel 2022. Una cattiva notizia che giunge nel mezzo di una ripresa post pandemica già messa a dura prova dal ritorno prepotente dell’inflazione.
Questo è stato lo “scenario intermedio” presentato da Lane in una riunione del Consiglio direttivo a Parigi, tenutosi poche ore dopo che la Russia ha invaso l’Ucraina e mentre i funzionari della BCE stanno ancora discutendo su come la crisi potrebbe influenzare i loro piani per ritirare le misure di stimolo monetario nel breve periodo.
Lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina e le conseguenze
Lane presenterà previsioni più accurate alla riunione del prossimo 10 marzo, nella quale la BCE dovrebbe spiegare definitivamente ai mercati come intende gestire il futuro del suo programma di acquisto di asset (APP). Da questo punto di vista, la presidentessa Christine Lagarde ha già dichiarato che la Banca cesserà di effettuare nuovi acquisti di bond nell’ambito dello schema di emergenza pandemica(PEPP) dal mese di marzo.
Nonostante Lane non abbia ancora presentato le nuove previsioni sull’inflazione dell’area euro, egli ha, tuttavia, dichiarato che ci sarà un aumento significativo della proiezione per il 2022, suggerendo che le stime relative alla fine dell’orizzonte temporale considerato dalla BCE (2024) potrebbero essere ancorate al di sotto dell’obiettivo del 2%. Una posizione che però è niente affatto condivisa da molti, se non la maggior parte, degli analisti.
Le previsioni di inflazione e crescita saranno cruciali per capire se la BCE potrà davvero permettersi di cessare l’APP, una condizione prodromica che porterebbe al primo rialzo dei tassi d’interesse dell’ultimo decennio.
Il governatore della Banca centrale greca Yannis Stournaras, una colomba politica nota per aver favorito l’abbassamento dei tassi, ha dichiarato a Reuters che la BCE dovrebbe continuare ad acquistare obbligazioni almeno fino alla fine dell’anno, nell’intento di attutire le ricadute della crisi ucraina. E proprio la guerra potrebbe essere usata dalla BCE come giustificazione per rimandare nuovamente la sua stretta monetaria. Ritardo che, però, potrebbe esacerbare ancor di più il fenomeno inflazionistico, innescando un circolo vizioso nel quale, alla fine, la BCE potrebbe presto essere intrappolata.