Dopo le performance di ieri viste sui mercati azionari internazionali, con una ripresa che per alcuni aveva un che di prodigioso, oggi le piazze di scambio sono partite in positivo già dalle prime battute. Un ottimismo che è nato dalla disponibilità di Putin al dialogo. Il suo intento, almeno ufficialmente, sarebbe quello di risolvere la questione attraverso i canali della diplomazia. Apparentemente scongiurate, forse, le paure di chi temeva che la volontà di Mosca fosse quella di annettere tutta la regione del Donbass se non addirittura tutta l’Ucraina. Si tratta comunque di un primo passo che non assicura la certezza di una soluzione pacifica. Infatti dal Cremlino confermano che gli interessi di Mosca “non sono negoziabili”.
Ma quali sono i motivi per cui i mercati non crollano di fronte al precipitarsi degli eventi? Logica vorrebbe, infatti, che quanto visto lunedì scorso al primo acuirsi della crisi, si sarebbe dovuto ripetere anche ieri ed oggi. Se non altro perchè invece delle minacce viste precedentemente, adesso Mosca ha deciso di passare all’azione. Intanto sono state già fissate le sanzioni internazionali che dovrebbero colpire il settore economico e le banche russe.
Parallelamente giunge la notizia dell’annullamento del vertice previsto per domani, tra i ministri degli Esteri USA Blinken e quello russo Lavrov. Evidentemente, almeno per quanto riguarda le perdite in Borsa, sembra che la situazione non sia così allarmante. O per lo meno, gli analisti sono convinti che, dopo una prima escalation, il tutto potrebbe risolversi in una serie di sanzioni che non dovrebbero scalfire più di tanto il quadro economico.
I motivi per cui i mercati non crollano di fronte all’escalation in Ucraina
Intanto le varie Nazioni appaiono divise anche sul fronte delle sanzioni. La Cina, ad esempio, ha già fatto sapere di essere contraria. Non solo, ma Pechino ha rivolto specifiche accuse a Washington rea, a suo dire, di fomentare le tensioni.
Ecco allora spiegato l’andamento di oggi con un Ftse Mib che poco prima delle 10 guadagnava circa 1 punto percentuale come anche il Cac 40 di Parigi. Buone notizie anche per il suo collega inglese che nello stesso momento si trovava a +0,5%. Il Dax, invece, arrivava a +0,73%.
Ma sul tavolo degli operatori si presenta anche un altro aspetto da valutare per le prossime settimane.
Con le tensioni internazionali ai massimi livelli, le varie Banche centrali potrebbero trovarsi di fronte ad un percorso molto più tortuoso del previsto per il già programmato rialzo dei tassi. Infatti, come detto più volte dai vertici FED, il vero ago della bilancia sarà l’andamento dell’inflazione. Ma questo potrebbe essere seriamente influenzato dalle quotazioni del petrolio, a loro volta dettate dalla crisi tra Russia e Ucraina. Infatti Mosca è uno tra i maggiori esportatori di petrolio e grano mentre Kiev lo è per grano e mais. Tutto questo potrebbe rallentare la ripresa ed accentuare un’aria di crisi economica. Il che potrebbe rendere più lento, se non addirittura bloccare, il processo di normalizzazione dei tassi di interesse.