Rielezione di Mattarella: scenari politici tra rotture e nuovi equilibri

Mattarella

Alcuni analisti politici, per sintetizzare lo scenario politico, venutosi a creare a fronte della rielezione di Mattarella, hanno parafrasato una frase famosa, che recita: “tutto cambia, perché nulla cambi”.

Si è infatti detto, a proposito della rielezione, che “tutto resta uguale, perché tutto cambi”.

Ma cosa significa questa interpretazione?

E quali scenari politici sottende?

Rielezione di Mattarella: scenari politici tra rotture e nuovi equilibri

Il significato di quella frase pare abbastanza palese.

Non cambia il Presidente della Repubblica, ma cambia tutto tra i partiti e nei partiti.

Un elemento condiviso dalla maggior parte degli analisti riconduce infatti alla sussistenza di significative divisioni, che riguardano i rapporti tra partiti e nei partiti post elezioni presidenziali.

In questo articolo cerchiamo anche noi di esaminare alcuni elementi rilevanti, tentando una interpretazione del conseguente quadro politico e degli scenari futuri.

In primis, non è, a nostro avviso, da sottovalutare che nel 2023 dovrebbe intervenire, salvo scioglimento anticipato del Parlamento, la scadenza della legislatura.

Solitamente una tale circostanza porta a maggiori differenziazioni e dialettica tra le forze politiche. Questo, soprattutto in vista di una ricerca del consenso su alcuni elementi qualificanti della propria proposta politica.

L’elezione del Capo dello Stato ha, in un certo senso, anticipato questi contrasti.

Sulla persona da eleggere si sono infatti consumate divisioni politiche non indifferenti, con inevitabili conseguenze.

Perché tutte queste divisioni?

Si potrebbe erroneamente affermare che certe divisioni siano più comprensibili tra differenti proposte programmatiche, che sulla persona da eleggere a massima carica della Repubblica.

Tuttavia, molto si comprende di tali contrasti, considerando i molteplici poteri del Presidente della Repubblica.

Alcuni affermano che il suo ruolo sia eminentemente notarile, ma la realtà giuridica, sottesa a tale istituzione, è un po’ diversa, rispetto ad una siffatta interpretazione.

Occorre infatti rilevare che tra i poteri presidenziali, rientra quello di indirizzare la risoluzione delle crisi del Governo e financo un potere di nomina dei Ministri e del Presidente del Consiglio.

Come si è visto proprio nelle fasi che hanno, ad esempio, preceduto la formazione del primo Governo Conte, fu proprio Mattarella a respingere la nomina, già decisa dall’accordo dei partiti politici, di un economista, come Savona, ad un certo dicastero.

La posizione di Mattarella fu di mancata nomina in una determinata posizione, per le ipotizzate opinioni di Savona su certe tematiche economiche e sul rapporto con le istituzioni europee.

Fu un chiaro esempio di come un Presidente della Repubblica possa entrare nel vivo di temi e questioni governative, non rivestendo solo un ruolo formale.

Altro importante potere quello di promulgare una legge.

Il Presidente potrebbe rifiutarla se, all’esito del controllo preventivo di legittimità costituzionale, svolto dagli uffici presidenziali, la ritenesse incostituzionale.

Ritornando alle Camere, solo se queste approvassero nuovamente quella legge, la promulgazione sarebbe atto dovuto.

A questo proposito va però evidenziato, che resta sempre nelle mani del Presidente la facoltà di sciogliere le camere, qualora queste continuino ad approvare leggi che non superino il preventivo controllo di legittimità costituzionale o che vadano contro gli interessi del popolo sovrano. Questo rende difficile per le camere continuare ad approvare leggi che non trovino il consenso del Presidente.

Le conseguenze

Probabilmente questa rielezione ha scontentato molti, a partire dallo stesso Mattarella, che aveva altri piani per il suo futuro.

Ed ha quindi rappresentato l’occasione per far precipitare una conflittualità tra diversi soggetti politici. Conflittualità che già sussisteva per altri motivi.

Nel centrodestra si è creata una frattura interna, intanto, ai partiti di maggioranza, anche per non aver tutti sostenuto gli stessi candidati.

Quindi una ulteriore frattura si è verificata tra questi e Fratelli d’Italia, in quanto i vari partiti erano inizialmente concordi nel non votare Mattarella.

Questa rottura ha portato ad una serie crisi, che ancora deve essere superata, soprattutto nei rapporti tra Salvini, quale capo della coalizione, e la Meloni.

Ma i partiti di centrosinistra non sono, a loro volta, stati indenni da scossoni e contrasti.

A partire dai pentastellati, attualmente attraversati da un netto contrasto tra Conte e Di Maio e relative fazioni.

Verso quale scenario?

Per un verso è indubbio un acuirsi dei contrasti tra opposizione di destra ed esecutivo, visto che la Meloni non considera neppure più alleati naturali i partiti di centrodestra attualmente in maggioranza.

Ma anche all’interno dell’esecutivo tenderanno ad acuirsi i contrasti.

Questa elezione poteva infatti essere occasione per Draghi di salire al Quirinale, circostanza che avrebbe consentito di cambiare composizione ed equilibri nel Governo.

Così non è stato, e ne conseguono ulteriori tensioni, e quindi una maggioranza così composita, con posizioni differenti su molti punti, a partire da questioni economiche e gestione della pandemia, andrà avanti con sempre maggiori difficoltà.

A maggior ragione, considerando che la gestione di molti dossier non è convincente anche per molti che fanno parte della maggioranza.

A partire dai risultati non certo soddisfacenti nel contrasto al Covid, sino alle problematiche economiche, che non paiono attualmente più in grado di massimizzare i risultati conseguenti alle risorse europee.

Non si esclude, quindi, che la rielezione di Mattarella, ritornato nel pieno dei propri poteri, abbia occasione di doverli esercitare più presto del previsto, sino ad un eventuale scioglimento anticipato delle Camere.

A cura di Cosimo Italiano e Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT