Intervista a Gian Piero Turletti Analista di chiara fama internazionale Autore di Magic Box in 7 passi e Metodo RCM Edizioni Proiezionidiborsa
SI STA MOLTO PARLANDO, IN QUESTO GIORNI, DEL PIANO JUNCKER DI RILANCIO DELL’ECONOMIA.
CERCHIAMO DI CAPIRE DI COSA SI TRATTA.
COSA RAPPRESENTA IL PIANO DI JUNCKER?
E’ la più classica risposta in stile keynesiano alla attuale situazione di crisi economica.
Si tratta di stanziare risorse per investimenti, al fine di tentare un effetto moltiplicatore nell’erconomia, dal punto di vista della domanda aggregata.
In pratica, per comprenderne i capisaldi, occorre richiamare alcuni elementi di fondo eleborati dall’economista Keynes.
Egli osservava che un investimento di spesa pubblica di un certo importo, veniva investito un certo numero di volte, per cui si produceva un effetto moltiplicatore dal lato della domanda di investimenti e consumi, grazie alla ricaduta degli investimenti iniziali, che poi dovrebbero dar luogo ad ulteriori investimenti e consumi.
Se, ad esempio, un ente pubblico, governo, ente locale, o governo sovranazionale, mette sul tavolo 100 per investimenti, allora l’investitore, azienda o ente che realizza una determinata infrastruttura, usa tale somma per realizzare il relativo progetto.
Poi, ipotizzando che chi riceve a sua volta denaro, come lavoratori ed imprese convolte, spenda a sua volta il 90 per cento della somma, abbiamo che un secondo soggetto metterà a disposizione una somma pari a 90 a favore di altri soggetti.
A sua volta, il terzo soggetto investirà mediamente un 90 per cento di quei 90 ricevuti dal primo, per un totale di 84, e così di seguito.
Praticamente, si tiene conto della cosiddetta propensione marginale al consumo da parte dei soggetti che ricevono risorse finanziarie aggiuntive.
Quindi propensione marginale al 90 per cento significa che se si riceve 100, si tende a spendere per 90.
In questo caso, le risorse iniziali da cui poi scaturirebbe un effetto moltiplicato le mettono sul tavolo la commissione stessa e la BEI.
In realtà, il piano di Juncker prevede diverse tipologie di soggetti, come lavoratori ed imprese, per cui, sommando le diverse propensioni marginali di costoro, possiamo arrivare ad una stima complessiva dell’effetto cosiddetto moltiplicatore.
E’ DA QUESTA FORMULA CHE NASCE LA MAGIA DELLA MOLTIPLICAZIONE?
Esattamente.
Ipotizziamo che la propensione marginale al consumo sia mediamente un 93% circa di quanto ottenuto in termini di ulteriori risorse rese disponibili da un ente. A questo punto, per sapere quale sarà l’effetto moltiplicatore medio nel sistema economico, basta applicare una formula, che può essere rappresentata in diversi modi.
Una delle più comuni formulazioni del cosiddetto moltiplicatore è la seguente:
1/(1-c), dove c indica la propensione marginale.
Proviamo ad applicare tale formula con un valore della propensione marginale del 93 per cento che, espresso in forma decimale, scriveremo 0,93.
Avremo quindi che:
1/(1-0,93)
Da cui: 1/(0,07)
Da cui: 14,28.
Questo significa che per ogni euro messo a disposizione, tendenzialmente il sistema investirà oltre 14 volte, appunto il cosiddetto effetto moltiplicatore.
QUALI SONO POSSIBILI LIMITI INTRINSECI A QUESTA IPOTESI?
Tutto dipende dalla propensione marginale c, stimata statisticamente.
Per stimare tale coefficiente, esistono diversi metodi statistici.
Tra i più semplici, quello di considerare i valori di c in relazione a determinati livelli di spesa pubblica.
In tal modo è possibile ipotizzare una correlazione lineare di tipo regressivo e stimare il possibile valore di c.
Senza entrare in eccessivi tecnicismi, possiamo dire che si possono mettere in correlazione diversi livelli di c con talune variabili, cosiddette indipendenti, come quantità delle risorse messe a disposizione per investimenti, presenza di una fase recessiva o espansiva dell’economia, livello di fiducia medio delle imprese, ed altre possibili ancora, e si ottiene una stima statistica.
Peraltro, nel caso in questione si è tenuto conto della propensione marginale di diverse tipologie di soggetti.
Il problema principale, quindi, è che si tratta di stime statistiche, che possono cogliere nel segno o meno.
Un secondo tipo di problema riguarda la necessità di rendere disponibili le risorse finanziarie, senza mettere a rischio il rating della BEI, nel caso che poi ad utilizzare le risorse messe a disposizione in termini di credito fossero soggetti non troppo affidabili.
Per questo motivo, si è decisa una cartolarizzazione in forma obbligazionaria, e di convogliare le risorse in un fondo autonomo rispetto alla BEI.