Spesso nei programmi di crescita e formazione personale (al lavoro, nello sport, a scuola, etc) viene suggerito di prendere esempio dai “grandi”. Il riferimento non è tanto a chi è avanti negli anni, quanto a chi ha già percorso il sentiero che vogliamo seguire. In poche parole, ci invitano ad imitare chi già ce l’ha fatta.
Se ha funzionato con loro, si dice, dovrebbe funzionare anche con gli altri. Questa regola elementare vale anche nella gestione dei risparmi, anche se molti la ignorano o la disattendono. Infatti pochi correntisti conoscono l’ingrediente segreto che mette il turbo ai soldi sul conto corrente.
L’ingrediente segreto in tema di gestione dei risparmi
Prendiamo a riferimento un risparmiatore e i suoi risparmi. Applicando un tasso semplice al capitale di partenza, il montante finale sarà il frutto di due ingredienti. Cioè sarà dato dall’interazione dei risparmi e del tasso d’interesse, proporzionale al tempo.
Il discorso cambia radicalmente se si applica quel tasso d’interesse non solo ai risparmi iniziali, ma anche al montante (c.d. “intermedio”). In questo caso, infatti, si passa all’interesse composto, che amalgama tre elementi. Il capitale di partenza, il tasso e il guadagno sugli interessi intermedi che nel frattempo sono stati capitalizzati.
Albert Einstein definì l‘interesse composto l’ottava meraviglia del mondo, e non aveva torto. Un esempio numerico aiuterà a comprendere meglio la differenza tra i due regimi di capitalizzazione.
Un semplice esempio numerico
Ipotizziamo un semplice capitale di partenza pari a 10mila euro, investito a un tasso semplice del 3% lordo.
Se l’investimento dura 10 anni, il montante finale lordo sarà pari a 13.000 euro. Mentre dopo 15 o 20 anni il montante sarebbe pari a, rispettivamente, 14.500 e 16mila euro.
Applicando invece un interesse composto, i montanti lordi finali sarebbero più ricchi. Alla scadenza dei 10, 15 e 20 anni, infatti, essi sarebbero pari a 13.439, 15.579 e 18.061 euro (sempre lordi).
Le differenze degli imposti sono evidenti, e soprattutto va detto che aumentano al crescere del tempo dell’investimento. Sulla scadenza a 20, per esempio, c’è una differenza di circa 2mila euro pur partendo sempre con uno stesso capitale.
Pochi correntisti conoscono l’ingrediente segreto che mette il turbo ai soldi sul conto corrente
Oggi sul reddito fisso i rendimenti difficilmente arrivano al 3% (attenzione, è in arrivo un BTP carico di cedole e doppio premio fedeltà). Il BTP a 50 anni, quello con scadenza 1° marzo 2072, per esempio, ha cedola lorda e netta pari al 2,15% e 1,80%. Invece ai prezzi attuali (circa 99,06) i rendimenti effettivi lordi e netti sono pari, all’incirca, al 2,21% e all’1,94.
Al contrario, gli investimenti sui mercati azionari globali di lungo termine statisticamente offrono alte probabilità di rendimenti interessanti.
Simili scelte, in genere, premiano il risparmiatore in due modi. Primo, offrendo rendimenti medi annui superiori a quelli del tasso fisso. Secondo, aggiungendo tutti i vantaggi tipici dell’interesse composto al passare del tempo. Cioè i guadagni intermedi non si incassano ma si reinvestono, accrescendo così il capitale di partenza.
Manco a dirlo, i grandi investitori spesso gestiscono in questo modo i loro patrimoni.
Approfondimento
Ecco come investire 10.000 euro su questo BTP decennale e guadagnare più di un buono postale.