Le Borse asiatiche non hanno aperto bene questa mattina e il problema proviene probabilmente dai dati dell’economia cinese che non sono come da previsione.
I tassi di crescita sono a livelli più alti di quelli dell’economia europea e statunitense, ma qualcosa che non va nel sistema c’è.
Qualcuno potrebbe osare e dire che il “giocattolo si è rotto” ma non è così. La pandemia ha picchiato duro anche in Cina e le contraddizioni del sistema cominciano a venire fuori.
Borse asiatiche in rosso, i dati dell’economia cinese non sono come da previsione?
Economia di mercato e stretto controllo politico iniziano ad avere dei problemi.
La Borsa di Shanghai chiude con una diminuzione frazionale, in quanto il SSEC ha perso solo lo 0,12%, ed il China A50 Index ha perso il 2,20%.
Troppe tensioni politiche non aiutano l’economia. Il regime di Pechino, per non perdere la faccia e riconfermare il suo predominio su quella parte di territorio asiatico sfera di influenza, deve far prova di muscoli.
L’economia in Cina rallenta, problema politico o economico?
Nel regime di Pechino i due fattori sono così legati come gemelli siamesi che non possono essere trattati separatamente.
Per esempio la crisi del settore immobiliare è venuta fuori non solo perché è un mercato che dopo dei periodi di boom rallenta. Pensiamo a titolo d’esempio all’Italia negli anni 50 e 60. In Cina, Paese comunista, siamo in presenza di una contraddizione per cui in un non è possibile “possedere” tali beni, ma solo in concessione.
Quando si acquista un bene immobile in Cina, non diventiamo proprietari ma solo concessionari, come accade in Italia per le concessioni balneari delle spiagge.
Questo non è un fattore di poco conto, nel momento in cui tali “diritti immobiliari” devono essere posti a garanzia di finanziamenti di importi rilevanti.
I numerosi fallimenti di società di costruzioni sono la conferma di quanto sopra scritto. Lo stesso caso di Evergrande è una riprova. Evergrande era un gigante e Pechino è dovuta intervenire per forza, onde evitare il fallimento.
Partito Comunista Cinese a congresso nell’anno 2022
Nell’anno 2022 ci sarà il XX congresso del Partito Comunista Cinese e in questa sede verrà fuori la dirigenza per il prossimo decennio.
XI Jinping, oggi ha 68 anni e governa la Cina da quasi un decennio. Chi sfiderà il nuovo Mao?
Soprattutto quali sfide, in special modo quelle economiche, si porrà il Partito Comunista Cinese per il futuro?
Le due correnti economiche prevalenti sono sempre eredi di Deng Xiaoping. Quelli del libero mercato e sullo sviluppo ancor maggiore del settore privato e quelli che vorrebbero un vero ritorno dello stato nell’economia come l’attuale Presidente XI.
Il Presidente XI si è sempre espresso in favore di un dirigismo politico molto stretto all’interno dell’economia nazionale pur sempre di libero mercato.
Se dal punto di vista economico le differenze possono sembrare di poco conto, quelle politiche sono molto più importanti da un punto di vista strategico internazionale.
Il libero mercato e la Cina comunista
Per concludere sulle Borse asiatiche in rosso e i dati dell’economia cinese che non sono come da previsione, ci sono da fare ancora alcune considerazioni. Con un’economia cinese sempre più indirizzata verso il libero mercato, vi sarà per forza di cose un ravvicinamento politico della Cina alle potenze occidentali. Nel caso in cui prevarrà il modello di Xi Jinping la Cina non avrà bisogno di avvicinarsi ai modelli occidentali ma al contrario dovrà/potrà allontanarsi da questi modelli.
Ulteriore incognita politica è la Sinistra nazionalista. Messa a tacere dopo la morte di Mao e la presa del potere da parte di Deng, riprenderà forza e sarà l’artefice di una nuova rivoluzione culturale nel mondo economico?
Queste sono le vere cause del rallentamento dell’economia nella Cina attuale.