Tornano i motivi per essere ottimisti sul petrolio secondo le previsioni degli analisti

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La corsa delle materie prime è cosa ormai nota. L’ultimo caso, eclatante ma non più degli altri, è quello dell’alluminio. A favorire il salto delle quotazioni, arrivate a 3.000 dollari per tonnellata, sono stati per lo più motivi politici. Nello specifico il colpo di Stato in Guinea, tra i maggiori produttori di bauxite, elemento primario nella produzione di alluminio. Un evento che ha scosso anche la diplomazia cinese, la cui economia è è legata da accordi commerciali con il Paese africano che le garantivano forniture abbondanti di bauxite.

Ma, come detto, è l’ultimo in ordine di tempo. Anche l’oro nero è nel mirino degli esperti. Infatti in questo momento tornano i motivi per essere ottimisti sul petrolio secondo le previsioni degli analisti di BofA che parlano di un Brent sui 100 dollari al barile addirittura prima della fine dell’anno. Un primo trampolino di lancio per questa ripresa potrebbe essere il fattore USA. Per gli analisti BofA, infatti, gli Stati Uniti hanno registrato un aumento della richiesta di benzina proprio nel periodo del Labour Day. Il tutto mentre la metà della produzione dell’America centrale resta ferma a causa dell’uragano Ida e dei danni creati nel Golfo del Messico dal suo passaggio.

Tornano i motivi per essere ottimisti sul petrolio secondo le previsioni degli analisti

Ci sarebbe anche un terzo elemento per essere ottimisti sul futuro del petrolio. Anche se si tratta di un elemento che non è possibile da controllare. Un eventuale inverno rigido, infatti, potrebbe permettere un ulteriore spinta sul fronte della domanda.

Non sono solo gli esperti di BofA a rendersi conto che il barile è destinato ad un immediato futuro di nuova gloria. Un altro tassello del mosaico è rappresentato dal rapporto mensile dell’OPEC sulla domanda di petrolio. In questo caso l’Organizzazione dei Paesi produttori vede, nelle sue proiezioni, una domanda di greggio in aumento. Tanto da superare i livelli di consumo registrati poco prima dello scoppio della pandemia (100,8 contro i 100,3 visti nel 2019). Restano, però, alcuni elementi di incertezza. Prima di tutto l’ormai onnipresente variante Delta. In secondo luogo, e questa sarebbe una diretta conseguenza, un possibile rallentamento dell’economia USA in seguito, appunto, ad un ritorno dei contagi.