La ricognizione di debito, quale scrittura privata non autenticata, è soggetta al pagamento dell’imposta in misura fissa. Studiamo il caso.
La Cassazione, con l’Ordinanza n. 15910 del 08/06/2021, ha chiarito quando e come va pagata l’imposta di registro in caso di ricognizione di debito. Nella specie, la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della contribuente avverso un avviso di liquidazione. Con tale avviso l’Agenzia delle Entrate chiedeva il pagamento dell’imposta di registro, per 840.865,05 euro, per il pagamento dell’imposta proporzionale di registro, pari all’1%. L’imposta era calcolata sull’importo di una ingiunzione emessa dal Tribunale, a fronte di una ricognizione di debito per diverse decine di milioni di euro. I giudici di primo grado statuivano invece che, nel caso in esame, l’imposta di registro andasse calcolata in misura fissa.
La Commissione Tributaria Regionale respingeva poi l’appello dell’Agenzia delle Entrate, ritenendo che la ricognizione del debito fosse soggetta ad imposta fissa anziché proporzionale. E questo in quanto la ricognizione si sostanzia in una scrittura privata sprovvista di carattere patrimoniale, che conferma semplicemente l’esistenza di un debito pregresso. L’Amministrazione finanziaria proponeva infine ricorso per cassazione. Deduceva l’Agenzia che l’atto di riconoscimento del debito, in quanto atto di natura dichiarativa, doveva ritenersi assoggettabile ad imposta di registro proporzionale.
La decisione
Secondo la Suprema Corte, la censura era infondata. Evidenziano i giudici di legittimità che la ricognizione di debito, quale scrittura privata non autenticata, è soggetta al pagamento dell’imposta in misura fissa. Rileva la Cassazione come debba dunque ritenersi superato il diverso indirizzo giurisprudenziale, secondo cui, avendo la ricognizione “natura dichiarativa”, sarebbe applicabile l’aliquota proporzionale dell’1%. La decisione della Commissione Tributaria Regionale era quindi corretta e ragionevole. La Suprema Corte evidenzia inoltre anche un altro aspetto, a suo avviso legato al principio di capacità contributiva. Rilevano i giudici che, nella specie, l’elevato valore della ricognizione, avrebbe determinato, qualora fosse stata calcolata in misura proporzionale, il pagamento di una imposta “eccessiva”.
Conclusioni
La pronuncia in commento si è in sostanza attenuta al più recente e prevalente indirizzo giurisprudenziale. In base a tale indirizzo, per la ricognizione di debito vera e propria, si applica dunque l’imposta di registro in misura fissa. Per l’eventuale, successivo, decreto ingiuntivo si applica invece l’imposta di registro in misura proporzionale. Quello che semmai non convince della decisione in esame è l’affermazione finale di “eccessività” dell’imposta proporzionale laddove applicata in caso di somme rilevanti. Se l’imposta è proporzionale, infatti, è chiaro che, se dovuta, l’imposta è comunque ragionevole, anche se rapportata all’elevato importo. Anzi lo è proprio per tale motivo.
Quello che rileva è dunque solo se sia effettivamente dovuta in misura fissa o proporzionale. Le conclusioni del giudice devono del resto sempre basarsi sulla legge (pro o contro contribuente che sia). Determinare il quantum dovuto sulla base di valutazioni di tipo equitativo è infatti errato quanto “pericoloso”, non avendo il giudice tributario poteri di equità sostitutiva.