La scorsa settimana, la Banca centrale europea ha fissato il suo nuovo obiettivo in termini di tasso d’inflazione. Un obiettivo che si pone nel quadro della sua revisione complessiva della strategia monetaria. La BCE spera, con questa scelta, di riacquistare la propria credibilità nei confronti dei mercati finanziari, dopo aver mancato il suo obiettivo attuale (un tasso d’inflazione al di sotto ma vicino alla soglia del 2%) per quasi un decennio. Un fallimento, questo, che ha eroso la fiducia degli esperti dei mercati circa la capacità dell’istituto di Francoforte di riuscire a governare il sistema dei prezzi attraverso l’aumento dell’offerta di moneta.
Con una decisione ampiamente attesa, molto anticipata dai banchieri centrali, la BCE ha così fissato il suo nuovo target inflazionistico al 2% nel medio termine, abbandonando la precedente formulazione “sotto ma vicino al 2%”, che aveva creato l’impressione che la banca centrale fosse più preoccupata della crescita dei prezzi al di sopra del suo obiettivo che al di sotto di esso. Una questione di “simmetria monetaria”, insomma.
Sebbene la BCE abbia affermato che il suo obiettivo sia simmetrico, non ha tuttavia fatto alcun riferimento specifico alla tolleranza di un eventuale superamento dell’inflazione dopo lunghi periodi di crescita dei prezzi ultra-bassi, una vera delusione per quegli investitori che speravano in un impegno che assicurasse, a loro dire, uno stimolo alla ripresa economica dell’eurozona.
La Banca centrale europea ha fissato il suo nuovo obiettivo in termini di tasso d’inflazione
La scelta del nuovo obiettivo inflazionistico è senza dubbio il frutto di un lungo e difficile compromesso tra falchi e colombe all’interno della BCE. Le colombe, come tradizione vuole, speravano in una soluzione più flessibile e più “growth friendly”, ovvero in una asimmetria di obiettivo pro-crescita, mentre i falchi erano invece più favorevoli al mantenimento dello status quo. Ne è nata, alla fine, una soluzione che non accontenta nessuno, nella consapevolezza che, per quanto riguarda le policy monetarie, non sempre il compromesso rappresenta una soluzione preferibile a quelle di partenza.
Solo il tempo dirà se questo compromesso sarà davvero servito a stimolare la scrosciata dei Paesi membri. Nel frattempo, la BCE non sembra essere così desiderosa di modificare la sua stance attuale di politica monetaria ultra espansiva. Anche questa scelta, c’è da scommetterci, non mancherà di spaccare di nuovo il Consiglio direttivo.
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