Cosa cambia con la rivalutazione del TFR di marzo a cui molti non pensano ma inciderà sulla buonuscita finale 

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Ogni mese l’Istituto centrale di statistica rende noto l’indice dei prezzi al consumo. E come di consueto, ha reso disponibile da pochi giorni l’indice del mese di marzo 2021. L’indice dei prezzi al consumo di marzo 2021 è pari a 103,3 punti, con un incidenza rispetto alla differenza di dicembre 2020 paria a 0,977517. Quindi, risulta che la rivalutazione del TFR è pari a 1,108138%. Ma cosa cambia con la rivalutazione del TFR di marzo a cui molti non pensano ma inciderà sulla buonuscita finale? Per capire l’influenza della rivalutazione bisogna evidenziare come è effettuato il calcolo e la tassazione ai fini fiscali.

Cosa cambia con la rivalutazione del TFR di marzo a cui molti non pensano ma inciderà sulla buonuscita finale

L’articolo 2120 del Codice civile prevede che nel caso di cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore ha diritto al trattamento di fine rapporto. Il TFR è riconosciuto a prescindere dalla tipologia di contratto con cui è stato assunto.

In effetti, il trattamento di fine rapporto si costituisce con l’accantonamento di quote mensili di retribuzione. Ed è corrisposto al lavoratore in un’unica soluzione al termine del rapporto di lavoro. Il TFR è soggetto alla prescrizione di cinque anni.

La natura del TFR è previdenziale e differita. Questo significa che ha l’obiettivo di assicurare al lavoratore un sostegno economico in attesa di un nuovo lavoro. Nell’arco del tempo si è aggiunto anche l’aspetto previdenziale, in quanto permette di versare il TFR in fondi pensione.

Come si calcola la rivalutazione?

Per capire come funziona la rivalutazione sul trattamento di fine rapporto, esaminiamo brevemente come è calcolato il TFR.

Salvo una diversa indicazione contenuta nel CCNL, il trattamento di fine rapporto si ottiene sommando per ogni anno una quota.

La quota non può essere superiore all’importo della retribuzione annua ed è divisa per 13,5.

Ogni anno il TFR è accantonato e rivalutato con un tasso composto formato da una misura fissa dell’1,5%. Inoltre, è costituito anche dal 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo ISTAT.

Il datore di lavoro ha il compito di effettuare il calcolo e la rivalutazione.

Dal 2015 inoltre, la rivalutazione è soggetta all’imposta sostitutiva del 17%. Il suo calcolo è effettuato al termine del periodo di imposta.