Come salvare i nostri risparmi e le nostre proprietà in caso di default dell’Italia?

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 Come salvare i nostri risparmi e le nostre proprietà in caso di default dell’Italia? Purtroppo quanto appena detto è una possibilità da tenere a mente. Perché, nel caso non lo sapeste, o non l’aveste capito, l’Italia è fallita. Tecnicamente fallita, certo. Ma fallita lo stesso. Come dite? A voi non l’ha detto nessuno? Oppure siamo noi che stiamo sbagliando? Beh, a dire il vero ve l’hanno detto tutti, tante volte. Purtroppo vi hanno anche anestetizzato a non capire quello che vi stanno dicendo. E, nel caso dell’errore, purtroppo, no… non stiamo sbagliando. E se continuate a leggere capirete presto perché siamo nel giusto.

L’Italia è fallita un giorno preciso. Il 26 luglio del 2012. Il giorno in cui Mario Draghi, allora Presidente della Banca Centrale, pronunciò a Londra un discorso che sarebbe diventato storico. Il capo della BCE affermò che avrebbe fatto qualsiasi cosa per difendere l’euro dalla speculazione che lo stava attanagliando sui mercati. E che quanto stava per fare  sarebbe stato abbastanza. “Whatever it takes”, appunto.  Chi si sarebbe mai messo contro una banca centrale, che può stampare soldi all’infinito? Nessuno, ovviamente. Così Draghi salvò l’euro. E salvò anche l’Italia, forse non incidentalmente. Ma, nel farlo, la condannò anche irrimediabilmente.

Perché da quel giorno il debito pubblico italiano ha un solo acquirente. La BCE. Se anche nessuno, come accade, comprasse il debito italiano, lo farebbe la BCE. Sia sul mercato primario che, soprattutto, sul secondario. Quando i titoli di Stato dell’Italia sono scambiati dagli investitori. Senza la BCE falliremmo il giorno dopo. Perché il nostro debito sarebbe venduto a piene mani da chi lo detiene al di fuori della banca centrale. Che non potrebbe comprare subito tutto. Cosa che succederà puntuale appena la BCE finirà i suoi programmi di acquisto straordinari.

Come salvare i nostri risparmi e le nostre proprietà in caso di default dell’Italia?

Quando l’Italia ha aderito all’euro, nel 1999, lo ha fatto rinunciando alla sovranità monetaria. Si è presa una valuta stabile, cioè il marco travestito di azzurro e con le stelline gialle. Ma non può svalutare, come faceva nel passato. Svalutazione che serviva per rimanere competitivi sui mercati mondiali. E che oggi, infatti, ci vede molto indietro. Perché non possiamo più svalutare. Non c’è inflazione, ma non abbiamo più competitività Infatti, stiamo lentamente morendo.

Il debito pubblico italiano, già insostenibile prima, è schizzato oltre il 166% del PIL Lo ha fatto grazie alle deroghe europee in occasione dell’emergenza della Covid-19. Il rapporto deficit/PIL, che era intorno al 2%, è balzato oltre il 10%. Le emissioni annuali di BOT e BTP (oltre 80 miliardi annui) servono a malapena a pagare le pensioni e gli stipendi dei dipendenti pubblici. Non resta praticamente niente per investire.

Ed infatti la nazione è ferma, paralizzata. Non a caso la cassa integrazione non è stata riscosse da molte imprese. Non a caso l’Italia ha chiesto 27,4 miliardi del fondo europeo SURE, cioè la cassa integrazione europea. Perché senza quei soldi, non possiamo erogarla a chi ne ha ancora bisogno. E sono tanti.

I problemi dell’Italia

Sono noti a tutti. Evasione fiscale superiore a qualunque nazione europea. Corruzione con lo stesso triste primato. Lentezza abissale della giustizia. Una burocrazia elefantiaca e paralizzante. Un Fisco opprimente ed asfissiante. Un crollo demografico che ci condanna. Un divario ormai incolmabile tra Nord e Sud. Reso ancor più tale dalla criminalità organizzata più presente d’Europa e, forse, del mondo. Tutti questi problemi sono stato esacerbati dall’aver adottato l’euro. Che non ci consente più di fare come ci pare. Che ci condanna ad essere tedeschi perché è il marco travestito. Ma, avendo la mentalità da italiani, non siamo capaci di accettarlo.

Quindi, cosa fare?

Chiunque abbia un minimo di sale in zucca lo sa anche senza che lo si debba dire. Il futuro è fuori dai nostri confini. Basta pensare all’attrattiva che molte nazioni esercitano sui nostri pensionati. Offrendo esenzione fiscale se vanno a vivere all’estero, o comunque tasse molto basse. O a nazioni come Olanda e Irlanda. Che offrono tasse molto basse alle imprese, in un regime di concorrenza europea. Che ci sarebbe anche se fossimo gli Stati Uniti d’Europa. E che infatti prosperano, attirando molti capitali stranieri. O a quelle che offrono poche tasse sugli investimenti mobiliari ed immobiliari, e sui propri titoli di Stato, in Europa e nel mondo.

Non è un caso se molte imprese se ne vanno dall’Italia. E se qui le imprese straniere arrivano (quando lo fanno), vedono che è impossibile lavorare, e se ne vanno. Pensate ai casi ILVA, Lucchini, Whirlpool ed altri. Abbiamo ogni potenzialità per fare bene. Ma abbiamo, al momento, la classe politica tutta che da oltre 30 anni fa pochi fatti e molte chiacchiere. E i risultati li vediamo ogni giorno, purtroppo.