Quanto incide sul PIL italiano il Terzo Settore? L’economia sociale del terzo settore rappresenta un motore dello sviluppo di un Paese. In Italia, vale circa 80 miliardi di euro, ovvero il 5% del PIL. Ed occupa 1,14 milioni di lavoratori retribuiti e 5,5 milioni di volontari. Assume anche una valenza finanziaria ormai di grande significato. Con un ruolo del Mezzogiorno ancora da rinforzare. In Italia, il totale delle entrate delle istituzioni non profit attive è pari a 70 miliardi di euro. Il totale delle uscite ammonta a 61 miliardi di euro. Importanti i segnali di crescita nei numeri e nelle attività. Il Mezzogiorno mostra segnali di rilancio. In Italia le istituzioni non profit sono oltre 350 mila, in crescita del +2,05% rispetto al 2016. E di un ottimo +48,99% sul 2001. Nel Mezzogiorno la crescita si presenta più sostenuta .
I valori in campo del terzo settore vanno ovviamente ben oltre una dimensione prettamente economica. Si caratterizza non solo per ciò che fa. Infatti produce ed eroga beni e servizi per la collettività spesso altrimenti non disponibili per tutti. Ma si caratterizza anche per come lo fa. Cioè agendo su varie dimensioni della vita sociale. Infatti favorisce l’aspetto relazionale, alimenta la diffusione dei valori, supporta i bisogni e le necessità. Tra i settori di attività prevalente ci sono cultura, sport e ricreazione. Ma anche assistenza sociale e protezione civile sono molto presenti. Così come relazioni sindacali e rappresentanza di interessi. Fortunatamente, il terzo settore è attivo anche nell’ambito dell’istruzione e della ricerca. il terzo settore è anche attore nell’innovazione sociale, nella capacità di rispondere ai bisogni nuovi, favorendo idee e creatività.
Quanto incide sul PIL italiano il Terzo Settore?
A fronte dell’emergenza Covid-19, il terzo settore ha rappresentato la faccia della solidarietà degli italiani. Dando valenza alla sua forza intrinseca “basata sul luogo”. Che poi è il centro di gravità delle attività svolte delle organizzazioni dell’economia sociale. In tutta l’Italia i privati cittadini, associazioni e cooperative, hanno operato. Lo hanno fatto supportando e coadiuvando le istituzioni nel cercare di non lasciare nessuno indietro. L’economia sociale ha, infatti, ampliato la sua portata negli ultimi anni. Fino ad includere sia organizzazioni sociali senza scopo di lucro sia imprese con scopo di lucro. Le organizzazioni afferenti all’economia sociale svolgono ormai attività in una vasta gamma di settori. Come quello bancario, assicurativo, agricolo, sanitario, dei servizi sociali e altri.
Numerose sono le iniziative messe in campo da soggetti non tipicamente afferenti al tradizionale confine dell’economia sociale. Ad esempio, l’attività svolta in merito sul territorio determinati da gruppi bancari. E anche da altre imprese for profit. Imprese che hanno fornito, e che continuano a fornire, il proprio contributo legato specificamente alla crisi in corso. Nonostante la valenza del terzo settore nella fase dell’urgenza, i “luoghi del sociale” e gli enti del terzo settore sono finiti in fondo alla lista del Governo. Nei primi due decreti, il Cura Italia e il Liquidità, non si fa accenno all’economia sociale. Solo con il Decreto Rilancio sono state introdotte alcune misure.
Occorre ripensare al futuro ruolo del terzo settore. Esso è destinato ad assurgere a tutti gli effetti a terza gamba dell’economia. In questo dà al concetto di sussidiarietà la dinamicità di una forza aggregante. Forza che metta insieme imprese for profit e non. E pubblica amministrazione, per definire comuni linee di intervento.