Recovery europeo: una visione comune oltre le divisioni, ma i problemi iniziano ora

commissione europea

L’accordo raggiunto sul Recovery Fund si presta a diverse chiavi di lettura.

Diverse analisi evidenziano come l’esito possa essere considerato una vittoria o meno e per chi, in base ai diversi elementi dell’intesa conseguita.

Ma ora, quali concrete prospettive si aprono e come ne usufruiranno i diversi paesi europei? E da cosa è dipeso l’esito della trattativa?

Molti dubbi rimangono al riguardo.

Cerchiamo di fare chiarezza su alcuni aspetti, aiutandoci con un piccolo indice dei temi trattati:

  • Posizioni differenziate in base agli interessi nazionali o al colore politico?
  • Prospettive dei Recovery Bond
  • Una caratteristica che dovranno avere i progetti.

Recovery europeo: una visione comune oltre le divisioni

Una chiave di lettura del Recovery Fund che va smentita riconduce ad una divisione di posizioni tra i diversi esecutivi basate sulla contrapposizione tra forze europeiste e nazionaliste.

Questo modo di interpretare le cose affermava che da un lato vi sarebbero stati i partiti tradizionali, sia centristi e liberali, che socialisti, a supportare l’accordo, mentre forze nazionaliste si sarebbero opposte.

Ma è proprio così?

Posizioni differenziate in base agli interessi nazionali o al colore politico?

In realtà le cose sono andate diversamente. Non è stato il colore politico degli esponenti dei singoli esecutivi nazionali a determinare le posizioni in campo, bensì l’interesse nazionale che, secondo i casi, ha spinto in direzioni differenziate.

Questo rappresenta, a mio parere, un aspetto molto interessante, per interpretare con una miglior chiave di lettura, fenomeni politici ed economici.

L’appartenenza ad una determinata sfera ideologica e politica potrebbe, infatti, essere fuorviante.

Andiamo ad esaminare infatti l’appartenenza alla sfera ideologica dei governi dei cosiddetti paesi frugali.

Paesi Bassi

Il premier liberal-conservatore Rutte è sostenuto da una maggioranza di Cristiano-democratici, liberali di sinistra, (più altri piccoli partiti). Teoricamente da un punto di vista di collocazione ideale, dovrebbe essere stato tra i più favorevoli all’accordo, mentre le posizioni olandesi sono state invece espressione di quella che sembra una impostazione considerata tipicamente nazionalista.

Austria

Premier Sebastian Kurz, Cristiano-democratico a capo di un esecutivo sostenuto da Cristiano-democratici e Verdi.

Danimarca

A capo dell’esecutivo una donna, Mette Frederiksen, socialista. È sostenuta da una maggioranza socialista basata anche sull’appoggio esterno degli altri partiti di sinistra, il cosiddetto Blocco Rosso.

Svezia

Il premier Stefan Lofven è un socialista, che regge un esecutivo a maggioranza socialista in alleanza con i Verdi (ma è governo di minoranza).

In teoria, quindi, tutti esponenti politici di quella vasta area che va dalle sinistre socialiste e socialdemocratiche europee sino ai liberali ed ai conservatori. Conservatori che dovrebbero far parte di una posizione maggiormente filoeuropeista e contrapposta alle posizioni nazionaliste.

Così non è stato.

Invece un politico schieratosi apertamente a sostegno dell’Italia è stato Orban, considerato tra i maggiori nazionalisti europei.

Recovery europeo: cosa è quindi prevalso nelle posizioni dei diversi rappresentanti?

In ogni caso, l’interesse nazionale.

Paesi come quelli cosiddetti frugali hanno conti pubblici decisamente migliori di altri, in particolare di quelli italiani.

E, quindi, rispetto ad una logica di integrazione europea, è prevalsa nei relativi esecutivi la preoccupazione di mettere a rischio i loro conti, in caso di eccessive concessioni. A maggior ragione, considerando che comunque hanno già in passato goduto di alcuni privilegi sui rebates e nella loro situazione non pensano che il Recovery Fund modifichi più di tanto le loro prospettive.

Pertanto per loro le cose andavano bene così, senza alcun Recovery Fund.

Anzi, probabilmente ritengono di non farvi neppure ricorso.

Ovviamente ben diversa la posizione di coloro che ritengono di ricorrervi, anche se le difficoltà per la pratica attuazione ci sono, come già detto.

Le prospettive dei Recovery Bond

Diverse analisi sono soprattutto dedicate all’utilizzo delle risorse, ma da dove si trarranno queste ultime?

Si prospetta quindi il tema dei Recovery Bond, che potrebbero costituire una interessante alternativa come possibile investimento in obbligazioni.

Occorrerà comprendere diversi elementi, per una disamina non superficiale della questione, tra cui curva dei relativi rendimenti e fonti per coprire restituzione del capitale e pagare le cedole.

Ne consegue che, anche sotto tale profilo, si renderanno necessari tutti quegli approfondimenti, che implicheranno la definizione di diversi aspetti, a partire da una fiscalità europea di supporto proprio allo strumento obbligazionario.

Per chi pensava che con l’accordo fosse tutto risolto, occorre infatti ribadire che non è così.

Al tempo stesso, infatti, dobbiamo rimarcare anche un altro aspetto. Proprio la necessità di reperimento delle risorse finanziarie, implica una conferma di mancanza di una tempestività nel supportare gli interventi necessari alla ripresa economica. Ciò pone qualche dubbio sull’effettiva efficacia del Recovery europeo nel suo complesso.

Uno strumento, quindi, che a parere del sottoscritto non regge certo il confronto con strumenti di politica monetaria, come i bazooka messi in atto dalla Fed.

E comunque a tale osservazione non si può obiettare che la Fed generi debito, perché, appunto, anche il Recovery si pone pur sempre tra gli strumenti a debito. Ma, a differenza della Fed, proprio in quanto pur sempre strumento di politica fiscale, e non monetaria, incontra tutti i limiti che incontrano le politiche economiche UE proprio per i limiti imposti nell’ambito della politica monetaria.

Diverso sarebbe stato se si fosse previsto di stampare denaro, senza correlata emissione di debito, ma trattasi, appunto, di una concezione ben diversa, osteggiata dai trattati UE.

Recovery europeo: una caratteristica che dovranno avere i progetti

Dall’impianto generale che si è voluto quindi impartire al Recovery Fund, consegue che i progetti presentati dai singoli paesi dovranno rientrare in precisi parametri, anche quantitativi.

Non ultimi, quelli finanziari, tali da supportare sia lo sviluppo economico del paese interessato, che un contributo alla sostenibilità del debito riconducibile ai Recovery Bond, compreso il contenimento dei rendimenti.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box“e “PLT