Quale regime di tassazione scegliere fra amministrato, gestito e dichiarativo, e quali sono le differenze?

Tasse

Quale regime di tassazione scegliere fra amministrato, gestito e dichiarativo, e quali sono le differenze? Innanzitutto bisogna partire da un presupposto, che è quello che i redditi da investimenti siano tassati, e che le tasse vadano pagate. Da questo non si scappa. Poi, bisogna distinguere tra i vari regimi che ci sono in Italia, che sono tre. Vediamo di approfondire quale regime di tassazione scegliere fra amministrato, gestito e dichiarativo, e quali sono le differenze.

Le principali differenze sono nel calcolo della base imponibile, oltre ai modi e ai tempi di applicazione dell’imposizione fiscale.

Iniziamo dal regime amministrato. Qui la tassazione avviene al momento del realizzo, ossia quando si vendono gli strumenti finanziari che avevamo comprato. Gli adempimenti fiscali li compie l’intermediario finanziario (banca o broker), che funge da sostituto d’imposta. I calcoli di quanto pagare li fa tutti lui. Quello che l’investitore incassa è il netto di quanto ottenuto vendendo lo strumento in attivo meno quanto deve pagare di tasse. Plusvalenze (guadagni) e minusvalenze (perdite) si possono compensare secondo modalità ben precise. Modalità già spiegate da noi in questo articolo.

Quale regime di tassazione scegliere fra amministrato, gestito e dichiarativo, e quali sono le differenze?

Passiamo al regime gestito. Anche qui il cliente delega all’intermediario sia la gestione del portafoglio che i dovuti adempimenti fiscali, come prima. C’è una differenza, però. La differenza sta nel fatto che l’imposta sostitutiva viene applicata al risultato di gestione maturato durante l’anno solare, meno i vari costi. Cosa significa? Che se il risultato annuale di gestione è negativo, il relativo risultato può essere sottratto dagli eventuali risultati di gestione positivi degli anni seguenti. Non oltre il quarto, ovviamente, ma andando quindi a ridurre la base imponibile dell’aliquota da pagare. Quindi, si possono pagare meno tasse. Non solo. Eventuali plusvalenze possono essere compensate sia con le minusvalenze che con redditi di capitale che confluiscono nei risultati ottenuti.

Infine, abbiamo il regime dichiarativo. Qui deve fare tutto il cliente. Deve riportare guadagni e perdite in dichiarazione dei redditi. E i redditi da capitale ottenuti nell’anno fiscale di cui deve pagare le tasse. E’ evidente come qui la questione sia più complicata, perché ci vuole un minimo di competenza, e ci sono certamente più possibilità di errore o, malauguratamente, di elusione fiscale. Sinceramente, perché utilizzarlo quando altri possono farlo per voi, meglio, in automatico e senza errori?

Un’ultima cosa: il regime scelto può essere cambiato il primo gennaio dell’anno successivo. E, chiaramente, con più conti titoli, su intermediari diversi o sul medesimo, possono essere usati regimi diversi per ogni conto.