Condotta diffamatoria scriminata se c’è provocazione. Vediamo il perchè e cosa è stato deciso in merito.
La sentenza della Cassazione oggetto del presente articolo è interessante in quanto ritorna sulla questione centrale del bilanciamento del grado di offensività delle condotte punibili. Nella valutazione del contesto, infatti, appare plausibile che una condotta possa essere punita in quanto offensiva, solo se non è giustificata. Ciò significa che se l’offesa è giustificata da una precedente offesa della potenziale vittima, c’è una neutralizzazione della condotta astrattamente punibile. Come in fisica, in cui la terza legge della dinamica stabilisce che ad ogni azione corrisponde una reazione, uguale e contraria, anche in diritto vale lo stesso.
Quindi, quando c’è provocazione, la condotta diffamatoria è scriminata, come è deducibile da un principio generale, logico, fondato sulla ragionevolezza e proporzionalità. Perciò, la Corte ha reputato non diffamante la risposta irosa di un avvocato a 2 colleghi che avevano accusato il suo assistito di un fatto falso. Per questa via, è stato assolto dal reato di diffamazione l’avvocato provocato. E’ come dire che è giusto che ognuno raccolga le conseguenze di ciò che ha egli stesso ha provocato.
Condotta diffamatoria scriminata se c’è provocazione. La ragione
Nel caso di specie, l’imputato, di professione avvocato, veniva accusato di aver inviato a un collega un fax diffamante. Nello stesso era riportato: “su quanto riferitole, v’è ben poco da replicare se non che tali vaneggiamenti si attagliano appieno alla veste lavorativa della sua assistita.” I giudici di merito, pur riconoscendo il contenuto diffamatorio della missiva, avevano ritenuto che l’avvocato avesse agito nello stato d’ira derivante da un fatto ingiusto altrui. Il fax infatti è stato trasmesso in risposta a quello del giorno precedente, da parte dei colleghi.
Questi ultimi contestavano che il cliente del predetto avvocato aveva lanciato una banconota in faccia alla loro assistita. Fatto, quest’ultimo non vero, in quanto era stato accertato esattamente l’opposto, cioè che era stata la cliente dei secondi a lanciarla all’altro. Pertanto, la Cassazione con sentenza n. 17958/2020 ha rigettato il ricorso presentato dai due avvocati diffamati. Essa, infatti, ha precisato che l’ingiustizia subita dall’imputato, cioè le false accuse contenute nel fax, hanno provocato la sua rabbia, tradottasi nella condotta diffamatoria. Quest’ultima, però, non è punibile ai sensi dell’art. 599 c.p. in quanto, come affermato dal Tribunale ricorrerebbe: 1) lo stato d’ira (anche se non immediato) come reazione al fatto ingiusto altrui. 2) Il fatto ingiusto altrui, derivante dalla violazione di regole giuridiche, morali e sociali. 3) il rapporto di causalità tra offesa e reazione. Quindi, viene confermato il detto: chi va per questi mari, questi pesci prende.