Come hanno reagito gli investitori allo scoppio della pandemia: esaminiamo i dati

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Come hanno reagito gli investitori allo scoppio della pandemia: esaminiamo i dati. Il 19 febbraio 2020 i mercati erano ai loro massimi. Da allora, è cambiato tutto. Nell’intero Q1 (il primo trimestre) gli investitori hanno affrontato un periodo di volatilità davvero notevole. L’S&P 500 è sceso del 30% rispetto al suo record di febbraio, raggiungendo l’impresa in soli 22 giorni di scambi, il più rapido calo della storia. Al di fuori dei mercati dei capitali, i danni economici sono stati abbondanti. Gli ordini di lockdown hanno lasciato intere industrie in difficoltà, e le richieste di disoccupazione ovunque sono salite alle stelle. Analizziamo i dati relativi al flusso dei fondi del primo trimestre per scoprire come gli investitori statunitensi abbiano navigato in questi tempi altamente incerti. Utilizziamo i dati USA perché quei mercati sono i più liquidi e scambiati del mondo.

E perché tutti gli altri fanno riferimento a questi.

Un tema chiave del primo trimestre del 2020 è stato l’avversione al rischio, come dimostra l’afflusso netto di 670 miliardi di dollari sui mercati monetari, cioè cash, denaro contante. I titoli del mercato monetario sono un investimento ideale nei periodi di volatilità, grazie al loro rischio relativamente basso e all’elevata liquidità. Significativo è stato anche il differenziale di flusso tra i due principali tipi di veicoli di investimento, fondi e ETF. Alla fine di marzo, i flussi netti verso i fondi comuni d’investimento hanno raggiunto i 400 mld di dollari, rispetto ai soli 58 mld di dollari degli ETF. Questa differenza è stata alimentata dalla citata domanda dei mercati monetari, in quanto i fondi comuni d’investimento sono il veicolo predominante utilizzato per accedere a questa classe di attività. Gli investitori hanno prelevato dai fondi in tutti i settori, escludendo soltanto le azioni internazionali, dove hanno versato denaro.

Tutto quel prelievo è finito sui sopracitati fondi monetari.

Per quanto concerne gli ETF, gli investitori hanno prelevato fondi dai prodotti investiti sui mercati internazionali, dai prodotti che investono in maniera settoriale e da quelli che lo fanno seguendo allocazioni specifiche. Ed hanno versato soldi sulle materie prime, negli investimenti alternativi, nei bond municipali, nelle azioni USA e sulle obbligazioni tassabili (governativi e aziendali). Ecco come hanno reagito gli investitori allo scoppio della pandemia. Ecco cosa dicono i dati del Q1.

Come hanno reagito gli investitori allo scoppio della pandemia: esaminiamo ancora i dati

Le obbligazioni governative e aziendali sono state le peggiori in termini di flussi netti, con -154 miliardi di dollari di titoli sia da parte delle imprese che dei governi. Questo fatto può essere una sorpresa. Perché? Perché questi investimenti sono generalmente considerati più sicuri delle azioni. Allora, perché sono stati venduti in quantità così elevate? Uno dei fattori scatenanti è stato lo shock economico indotto dal lockdown generato dal Covid-19, che ha messo in discussione l’affidabilità creditizia di molte società statunitensi.

Questo problema è probabilmente esacerbato dai livelli record di debito aziendale accumulato prima che la malattia colpisse l’America. Il rapido aumento del deficit fiscale del governo americano potrebbe essere un’altra ragione. Se l’offerta di debito pubblico dovesse travolgere i mercati, il valore dei titoli di stato diminuirebbe e gli investitori perderebbero capitali. Si stima che verranno presi in prestito 4,5 trilioni di dollari per finanziare i numerosi programmi di sostegno promessi dal governo.

Come si sono mossi i titoli azionari

Nel complesso, gli ETF esposti su questa asset class hanno registrato un afflusso netto in entrata di $37 miliardi, mentre i fondi comuni di investimento hanno registrato un deflusso netto in uscita di $59 miliardi. Questi risultati suggeriscono una forte preferenza degli investitori per i prodotti a gestione passiva (che costano ⅓ degli altri). La suddivisione dei flussi azionari statunitensi per stile di investimento evidenzia poi un’altra disuguaglianza. Le strategie di crescita, a lungo favorite dal mercato, hanno subito massicci deflussi, come quelle di valore (anche se meno della metà delle altre).

Per contro, quelle miste hanno visto massicci afflussi. Le strategie di crescita danno priorità all’apprezzamento del capitale, mentre le strategie di valore cercano azioni che pagano dividendi e che sono scambiate a sconto.

Le strategie miste, l’unico stile ad attrarre flussi netti in entrata nel primo trimestre, offrono agli investitori un mix di entrambi.

All’interno delle materie prime, gli investitori hanno aggiunto 7 miliardi di dollari ai fondi sui metalli preziosi. Questi afflussi non sono stati una sorpresa, dato che l’oro e l’argento sono considerati beni rifugio sicuri. L’unica altra sottocategoria che ha attirato afflussi netti è stata quella degli investitori in energia. Investitori che hanno scommesso su un aumento del prezzo del petrolio, aggiungendo 3 miliardi di dollari ai fondi energetici nel corso del trimestre. Di questo importo, a marzo sono stati aggiunti 2 miliardi di dollari. Da allora, i prezzi del petrolio hanno continuato a scendere (anche sotto zero) a causa del crollo della domanda e dell’eccesso di offerta.

Cosa ci attende, nel resto dell’anno?

La volatilità continuerà probabilmente per tutto il 2020. Permangono infatti incertezze sulla durata della pandemia. Paesi come la Corea del Sud e la Cina hanno segnalato una recente recrudescenza dei casi. Ulteriori questioni sorgono in quanto le banche centrali, tra cui la FED statunitense, continuano a fornire livelli di stimolo senza precedenti. Tuttavia, attenersi a un piano di investimento a lungo termine ed evitare le comuni insidie psicologiche può aiutare gli investitori a prepararsi a qualsiasi cosa venga dopo.