In soli 9 anni la cedolare secca sugli affitti è passata dalle 48.000 opzioni ai 2,4 milioni di adesioni. In pratica si può dire che vi aderisca il grosso della platea dei locatori nel segmento abitativo privato. Il dato è testimoniato dalle dichiarazioni dei redditi dove essa compare fissa per quel che riguarda la tassazione su tale forma di reddito. La domanda ci poniamo è se la cedolare secca sugli affitti concordati aumenterà dal 10% al 12,5% o più?
Chi oggi beneficia della tassa piatta
Oggi chi detiene immobili in affitto può accedere alla tassazione agevolata al 21% o al 10% invece delle aliquote standard Irpef. Che vuol dire? Se uno ha una casa in fitto, può scegliere tra: cedolare secca al 21%, che si applica sui contratti d’affitto a canone libero di immobili locati a fini abitativi. Solo fino al dicembre scorso ne potevano beneficiare anche le locazioni commerciali.
L’altra (quella al 10%) invece si applica ai contratti d’affitto a canone concordato. Su entrambe le aliquote si evince comunque come il forte risparmio fiscale rispetto alle aliquote Irpef abbia spinto il contribuente ad optare per una delle due rispetto alla tassazione Irpef. Perché la introdusse il legislatore? Semplice: per contrastare l’allora diffuso ricorso alle locazioni “in nero” e quindi combattere l’evasione fiscale.
Un possibile aumento al 12,5%? O anche più?
Ora, c’è un “antecedente” da cui bisogna partire. Il vecchio disegno della Legge di Stabilità del 2019 prevedeva l’incremento della cedolare secca sui contratti a canone concordato a partire dal 2020. L’aliquota era stata individuata al 12,5%, ma il duro tira e molla tra parti sociali e Governo lo portò a desistere. Ovvero lasciare l’aliquota al 10%. C’è un altro piccolo “problema”: quando fu presa questa scelta finale, del Covid-19 non vi era neanche l’ombra; era inesistente. Il debito pubblico era sì enorme ma era nel suo standard.
Poi è giunto il 2020 con la sua crisi economica e le casse dello Stato brulicano di soldi per tamponare le mille emergenze in cui è sprofondato il paese. La semplice domanda ci si pone è se sarà mai possibile conservare anche per il futuro prossimo tale regime di tassa piatta. Sarà poi confermata anche quella del 21% per i canoni liberi e quelli per le locazioni commerciali? Almeno su quest’ultimo punto è davvero improbabile attendersi novità: il 99% delle aziende sta patendo la crisi economica di suo, quindi …
Ragionando in generale di aliquote
Del resto, se da mille fronti si vocifera di interventi straordinari pur di far cassa, tra i due mali, ossia: ritocco dell’aliquota del 10% e ad esempio una patrimoniale, non sarebbe “minore” il 1°? Che colpirebbe solo chi un reddito immobiliare (l’affitto) lo percepisce per contratto anziché estendere la misura erga omnes? E poi, ancora, lo sanno anche le pietre che i titoli di Stato sono tassati al 12,5% mentre azioni & Co. lo sono al 26%. Come a dire che un minimo-minimo di “trattamento di favore” di certo trova conferma anche nei numeri, che al solito non mentono.
Poi ovviamente si discuterà fino all’infinito se sia giusto questo o quello o l’altro ancora. Sta di fatto che pensare a una conservazione dello status quo in materia risulta alquanto improbabile. Se non nel breve, almeno nel medio termine. Quindi, la cedolare secca sugli affitti concordati aumenterà dal 10% al 12,5% o più? Staremo a vedere gli sviluppi anche su questo fronte.