Coronavirus, Confindustria e Confesercenti confermano gli alti tassi di chiusura

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La recessione da Covid-19 viene sempre più confermata col passare dei giorni e la pubblicazione dei lavori svolti dai vari centri di ricerca. In sostanza, causa coronavirus, Confindustria e Confesercenti confermano gli alti tassi di chiusura alla riapertura. Potrebbe infatti non essere sufficiente il solo “via libera” del Governo per consentire a una platea di imprenditori di poter risorgere. Vediamo cosa aggiungono i dati delle due associazioni di categoria.

I dati forniti da Confesercenti

I dati raccolti da Confesercenti parlano di un 32% tra le piccole e medie imprese dei settori turismo e commercio che potrebbero non riaprire all’avvio della “Fase 2”. Ovvero di aver subito perdite così ingenti da dover invocare il fallimento. Misura, quest’ultima, addirittura temuta da un 35% degli associati laddove l’emergenza da Covid-19 fosse destinata a protrarsi ulteriormente.

Coronavirus, Confindustria e Confesercenti confermano gli alti tassi di chiusura

Una contro-riprova della gravità della situazione la si ha anche dalle risposte a un altro quesito fornito. Infatti alla domanda se essi temessero di più il rischio contagio o quello legato alla recessione. Strano ma vero, ha “vinto” il secondo. Detto in percentuali, le risposte hanno cumulato un 57% di consensi sulla faccenda economica, rispetto al 41% del problema contagi. Tra i vari analizzati, spicca il 19,4% dei ricavi annuali medi delle imprese del commercio non alimentare, mentre peggio fa l’abbigliamento, con un –25,7% di fatturato. Per esso, infatti, si sono perse le vendite legate alla stagione primaverile, con le collezioni comprate e da pagare, ma senza possibilità di venderle.

Anche da Confindustria giungono conferme

Anche i dati raccolti da Confindustria vanno nella stesa direzione e parlano di 43,7% di imprese alle prese con problemi molto seri. L’indagine, avviata il 4 aprile su un campione di 4.200 imprese, accerta trend aumentati a dismisura rispetto al tasso del 14,4% riscontrato nella precedente indagine. Evidente quindi la stretta correlazione tra protrarsi del lockdown e crescita dei possibili default. In ballo ci sono fatturati bruciati che possono fare la fortuna di un esercizio o decretare la fine per sempre. Sempre Confindustria testimonia come il 36,5% degli aderenti ha cessato la propria attività, mentre il 33,8% ha dovuto chiudere parzialmente la propria attività. Questo dopo i Dpcm del 22 e del 25 marzo. La scura della crisi non poteva non abbattersi sul mondo dei lavoratori, il 53,1% dei quali, secondo l’indagine potrebbe dover ricorrere ad una qualche forma di ammortizzatori sociali.