Cosa fare o non fare per rilanciare l’economia e tentare di rimettere a posto la situazione

coronavirus fase 2

Si parla sempre più spesso di una fase 2, come ritorno a forme di parziale normalità, cui tutti gli stati starebbero pensando, dopo una prima fase emergenziale causata dal coronavirus.

In questo articolo ho spiegato perché si dovrebbe semmai parlare di fase 1 bis:

E come un vero e proprio ritorno alla normalità richieda altri provvedimenti.

Complessivamente, possiamo dire che a fronte di ogni situazione si possono mettere in atto provvedimenti validi, ed altri decisamente meno, per usare un eufemismo.

E quindi, cosa fare o non fare per rilanciare l’economia e tentare di rimettere a posto la situazione?

Sicuramente, ci sarebbe molto da dire sulla situazione finanziaria anche relativa a trend di borsa e di altri asset, ma oggi preferisco soffermarmi sui prossimi provvedimenti che il governo italiano e le autorità competenti potrebbero assumere, valutando cosa sarebbe preferibile fare, ma anche non fare.

Di seguito, una breve scaletta degli argomenti, certo non esaustiva della totalità dei problemi, ma di alcuni tra i principali.

  • FINANZIAMENTI O SOLDI A FONDO PERDUTO?
  • MES: CONTRASTI E PROSPETTIVE
  • VIGILI E FORZE DI POLIZIA: FARE DEI CORSI PRIMA DI RENDERLI OPERATIVI
  • ESTATE AL MARE: PROGETTI RIDICOLI?
  • GEOLOCALIZZAZIONE: ABUSI GIURIDICI ED ASSURDITA’ TECNICHE E SCIENTIFICHE

Finanziamenti o soldi a fondo perduto?

Il governo, per sostenere l’economia, ha previsto soprattutto l’emissione di garanzie per consentire di domandare finanziamenti al sistema bancario. Personalmente, non penso che indebitarsi sia il modo migliore per ottenere effetti anticiclici.

Semmai, bisognerebbe pensare a forme di ricorso al cosiddetto finanziamento a fondo perduto, che non comporta restituzione dei soldi. Strumento già utilizzato quando si decide di agevolare determinati settori. Il problema è quello delle risorse disponibili e, a tale riguardo, come detto più volte, la soluzione potrebbe essere quella di svincolare la creazione di nuova moneta dall’emissione del debito. Tema comunque oggetto di dibattito in sede europea.

Mes: contrasti e prospettive

Il Mes sta contrapponendo anche le forze di maggioranza. Potrebbe essere uno strumento utile, a condizione che si metta chiaramente nero su bianco che non esistono altre condizionalità, se non la destinazione delle risorse alle spese sanitarie, ed ovviamente se legato a condizioni finanziarie di favore quanto a tassi e tempistiche del finanziamento.

Istruzioni a vigili e forze di polizia

Sarebbe opportuno che l’Italia acquisisse un’immagine di maggior serietà anche nelle istruzioni da fornire a chi deve applicare determinate normative.

In materia di limitazioni agli spostamenti, non possiamo, ad esempio, assistere al caso, salito alla ribalta della cronaca, di una dottoressa, aiutata dalla guardia di finanza a far ripartire la propria vettura, per poi venire sanzionata qualche centinaio di metri dopo, dalla polizia, per inosservanza alle limitazioni di spostamento.

In questo modo si dà proprio l’immagine di un paese in cui la mano destra non sa quello che fa la sinistra. E, peggio ancora, quella di un paese che neppure sa dare indicazioni chiare e non equivoche su cosa sia permesso o meno anche solo agli operatori, che poi quelle normative devono applicare.

Non era il caso di un corso preliminare e ben dettagliato a questi ultimi, prima di renderli operativi?

Estate al mare: progetti ridicoli?

Tra le cose francamente più ridicole, sentite in questi giorni, alcune ipotesi sulla possibilità di vacanze al mare.

Alcuni hanno pensato ad una sorta di struttura in plexigas, per garantire un distanziamento sociale.

Dando così l’idea che neppure si sappia cosa significa, per molti italiani, il fare le vacanze al mare. Per molti significano libertà, ad esempio di fare una partita a carte o una chiacchierata, anche con i vicini d’ombrellone e, quindi, tutto questo sarebbe compatibile con le famose strutture in plexigas?

Senza peraltro considerare le notevoli temperature, che spesso si riscontrano in estate, tali da trasformare, probabilmente, quelle strutture in una vera e propria sauna.

Cosa fare o non fare per rilanciare l’economia

Ma aggiungiamo che vacanze al mare significa anche libertà di movimento, di fare una passeggiata, di fare un bagno, e così via. Ed in tali circostanze, come si può garantire il distanziamento sociale?

Suvvia, siamo seri. Come ho cercato di dire nel precedente articolo, soprattutto certi contesti richiedono di tornare come prima oppure lo si dica chiaramente: non è possibile. Ed allora diciamo, altrettanto chiaramente, che il cercare di adattare regole, dettate da principi sanitari, a determinate situazioni, non tiene conto dell’incompatibilità proprio con le caratteristiche di determinate situazioni. In altri termini: ci sarebbe da ridere, se non fossero temi legati alle drammatiche vicende del coronavirus.

Del resto, pensiamo poi alle serate al mare: la gente di solito esce.

Cosa fai?

Impedisci alla gente di uscire, oppure le tracci tutte?

Ed anche a tale riguardo, questo tema si intreccia anche con quello che vado a trattare tra poco: il tracciamento. Infatti, chi va in spiaggia, anche solo per farsi un bagno in mare, cosa fa? Si porta dietro lo smartphone, ed anche fosse, credo comunque che non lo farebbe proprio durante il bagno e quindi come si farebbe a tracciare le persone che vanno a farsi un bagno al mare?

Ancora una volta mi viene spontaneo dire: suvvia, non siamo ridicoli.

Geolocalizzazione: abusi giuridici ed assurdità tecniche e scientifiche

Sui possibili abusi giuridici della geolocalizzazione ho già parlato nel mio precedente articolo, ma questo tema si presta anche ad alcune considerazioni sulle difficoltà operative, tecniche e scientifiche di implementare una siffatta idea.

Intanto, come dicevo sopra a proposito di vacanze al mare, non è detto che tutti si portino dietro uno smartphone, anche se lo possiedono. Ma uno dei dati di cui tener conto, è anche il fatto che non necessariamente l’intestatario di un numero di telefono coincide con la stessa persona che in determinate occasioni lo usa. Pensiamo a chi presta uno smartphone al coniuge, magari ad un amico, etc. etc.

In questi casi vi sarebbe un indubbio errore di identificazione del reale soggetto interessato.

I rischi della geolocalizzazione

Si rischierebbe, cioè, di indicare un determinato soggetto come potenzialmente interessato da una situazione di positività, laddove invece il reale interessato potrebbe trovarsi anche a migliaia di chilometri di distanza.

Un altro aspetto che poi non bisogna sottovalutare è il seguente: a cosa servirebbe, in teoria, che anche tutti coloro che sono presenti sul territorio italiano avessero uno smartphone, se poi non sono realmente individuati i positivi al contagio?

Ma questo significa porre due questioni, tuttora non risolte.

Totalità dei positivi e reiterazione del possibile contagio.

Vediamo di chiarire tali aspetti.

Totalità dei positivi significa che per sapere se una determinata persona sia entrata in contatto con chi positivo al virus, occorre prima aver fatto un test a tutti. Ed è credibile che lo si possa realmente fare?

Il problema dei test a tappeto

A parte la questione della validità o meno dei risultati del test, intanto è difficilmente pensabile che si possano fare test a tappeto.

Un po’ per l’ingente quantitativo di test che la cosa richiederebbe.

Ma poi anche perché non è detto che si riesca a rintracciare tutte le persone.

Facciamo un esempio pratico. Le prime disposizioni sulle limitazioni di spostamento sono intervenute qualche mese fa. Ma potrebbe succedere che alcune persone fossero, prima della loro entrata in vigore, in luoghi diversi dalla residenza o dall’usuale domicilio, e che, anzi, si siano trovate poi bloccate in una diversa località per varie ragioni, comprese le norme che vietano spostamenti da luogo a luogo. E’ quindi ovvio che, anche solo considerando le persone che si trovano fuori sede per rispettare tali regole, non si riuscirebbero comunque a trovare tutti i soggetti, potenzialmente coinvolti in una operazione del genere.

Vi sono poi quelli che, anche a fronte di palesi dubbi sulla legittimità, in primis costituzionale, di determinati provvedimenti, opporrebbero una forma di resistenza civile, se così vogliamo chiamarla, rendendosi non reperibili.

Ad esempio non rispondendo alla porta, se non a coloro che già si sa che devono recarsi da loro.

La pericolosità dei test a domicilio

Piccolo inciso: peraltro sarebbe anche pericoloso proporre test a domicilio, visto che i truffatori hanno già dimostrato di saper sfruttare determinate situazioni. Potrebbero quindi fingersi addetti a questi test, anche telefonando alla vittima prescelta, e mostrando tesserini ed abbigliamento falsi.

Un modo per tentare di entrare nelle case di potenziali derubati, meglio quindi evitare.

Chiuso l’inciso, torniamo a coloro che non si vogliono far trovare. Ormai tutti sanno che basta anche solo togliere la batteria da un cellulare, per non essere più localizzabili. Pertanto, come avrete capito, nulla di più semplice che sottrarsi ad eventuali test, potendo rendere il cellulare non localizzabile, e potendo peraltro vantare la scusa di essere stati bloccati in altra località dalle stesse normative che limitano le normali libertà.

Cosa fare o non fare per rilanciare l’economia: Conclusioni

Infine, consideriamo che, anche si riuscisse a fare i test alla totalità o quasi della popolazione, i dati potrebbero cambiare nel tempo. Come possiamo essere certi che chi risulti negativo ai test in una certa data, non diventi positivo successivamente? Non può esservi certezza, anche perchè il virus potrebbe trasmettersi da un soggetto che abbia sviluppato forme di immunità naturale ad altri soggetti, e così via. O leggermente cambiare nel corso del tempo, per cui anche i normali periodi di presunta incubazione potrebbero non servire, per avere poi un quadro definitivo dei contagiati.

Pertanto, l’unica forma certa sarebbe quella di reiterare periodicamente il test. Francamente impensabile.

In sintesi, meglio quindi abbandonare certe prospettive, già difficili sotto il profilo giuridico, e difficilmente realizzabili praticamente, anche solo in base a tutte le incertezze sul numero effettivo di persone che poi avrebbero sicuramente uno smartphone, o in considerazione dell’effettiva corrispondenza tra smartphone e persona che lo usa, o della pratica impossibilità di effettuare test su tutta la popolazione.

Molto meglio concentrarsi sulle possibilità di cura, che pur esistono, anche se siamo ancora in fase di studio ed approfondimento della problematica.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT