Le limitazioni dovute a contenere il contagio ha fatto emergere i “nuovi” poveri con il coronavirus. Si calcola che hanno bisogno di aiuto per mangiare circa mezzo milione di persone che prima di febbraio ce la facevano a sbarcare il lunario.
Senza lavoro e senza cibo
Ora con i posti di lavoro saltati a causa delle chiusure delle aziende è venuto fuori il primo dramma sociale. Lo scorso anno nella fetta sociale dei poveri c’erano 2,7 milioni di persone che grazie alla Caritas e al Banco Alimentare sono riusciti a mettere un piatto caldo a tavola. Nel mese di marzo c’è stato un aumento del 30% delle richieste di aiuto. Si è riusciti a tamponare come si è potuto ma in vista dei prossimi mesi va rivisto sicuramente il piano. La scelta dei buoni spesa va incontro a questo dramma sociale.
Dove aumenta la povertà
Le situazioni più critiche sono al Sud Italia. Fortuna vuole che a mettere una pezza per i “nuovi” poveri con il coronavirus ci pensano le associazioni di volontariato. Mense e centri di distribuzioni sono impegnate per far fronte all’emergenza sociale con la Caritas che ha il compito di distribuire gli aiuti erogati dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (Agea).
Cosa si mette nel carrello della spesa
Per prodotti alimentari e bevande si spende mediamente 462 euro al mese, l’emergenza Covid-19 ha accentuato la corsa all’acquisto di beni di prima necessità e i carrelli con prodotti agroalimentari si è riempito in più per il 19%.
Le case diventano depositi di provviste
Questa corsa sfrenata ad avere quanti più prodotti possibili è un malcostume. Si stima che in quasi 4 case su 10 ci sono provviste smisurate di alimenti tipo pasta, riso e cereali, latte, formaggi, frutta e verdura, prodotti in scatola, carne e pesce, salumi e insaccati, vino e birra. Un invito a tutti: evitare di fare scorta di prodotti, non c’è nessun rischio di rimanere senza. L’intera filiera alimentare è funzionante. In questo modo si danneggiano i “nuovi” poveri con il coronavirus.