Il coronavirus sta realmente devastando le economie dei paesi interessati?

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Il coronavirus sta realmente devastando le economie dei paesi interessati?

Se sì, in quale misura?

E come si potrebbero contrastare gli effetti economici della crisi?

Diversi istituti di ricerca stanno cercando di quantificare gli effetti economici provocati dal coronavirus.

Del resto, è indubbio che  in un momento in cui vengono limitate attività economiche e contatti commerciali e professionali, difficilmente non ne risente.

Al momento, tra le economie messe peggio quella giapponese e quella italiana, con un Pil trimestrale, rispettivamente pari a -1,6 e – 0,3 per cento.

Stagnante il pil dell’eurozona, a+ 0,1 per cento, messa decisamente meglio la situazione statunitense, con un +2,1 per cento di Pil trimestrale.

Politiche  di contrasto

Vediamo quali possono essere e pregi e difetti delle singole ricette.

Creazione di denaro da parte di banche centrali su richiesta del governo

E’ la tipica ricetta di oltre Atlantico, messa in atto dalla Fed.

Si possono finanziare in questo modo notevoli piani di investimento, con effetti a cascata a beneficio dell’economia, tramite l’effetto del cosiddetto moltiplicatore monetario. Tuttavia, ne consegue un indebitamento pubblico, che alla lunga potrebbe comportare determinati problemi, in primis quello della solvibilità del debito.

Tale impostazione fu abbandonata dall’Italia, ben prima dei trattati costituivi dell’eurozona, con il cosiddetto divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro.

Il coronavirus sta realmente devastando le economie dei paesi interessati?

La ricetta della politica dei tassi bassi

Una ulteriore impostazione è basata, soprattutto nell’eurozona, su una politica monetaria di tassi bassi.

Ma questa politica favorisce solo un clima generale che agevola la propensione agli investimenti, che tuttavia potrebbero non arrivare. Questo  in particolare in situazioni di sentiment economico depresso e senza visioni prospettiche positive per il futuro.

Defiscalizzazioni ed agevolazioni

Ovviamente non basta spostare qualche scadenza di pagamento, ma se tale politica intende avere chances di rilancio economico, deve basarsi su sostanziali riduzioni della pressione fiscale.

Tuttavia, se poi per qualche motivo lo sviluppo che consegue a tale politica non è sufficiente, si determina ugualmente un sostanziale indebitamento statale.

Tutte queste politiche hanno un grave neo.

La limitazione di risorse finanziarie, per poterle implementare efficacemente.

L’unica vera soluzione non sarebbe, quindi, neppure quella che sta cercando di mettere in atto il governo in questo periodo, cioè uno sforamento dei parametri europei del debito o  ricorso ad un maggior deficit.

Lo Stato, dovrebbe tornare in possesso della potestà di creare un certo quantitativo di moneta, senza correlata emissione del debito pubblico.

L’effetto inflattivo, quello tanto temuto dai tedeschi quando è stata creata l’eurozona, sarebbe modesto, se parte significativa della nuova moneta creata fosse destinata alla realizzazione di beni e serviz. Comunque potrebbe essere contenuto mantenendo la creazione di questa nuova moneta entro determinati limiti, ad esempio basati su percentuali rispetto al quantitativo di moneta circolante.

La quantità prodotta dovrebbe, soprattutto in periodi come questo, essere destinata a forme di finanziamento a fondo perduto per tutte quelle attività che hanno subito perdite di fatturato dal coronavirus.

Certo, si tratterebbe di aiuti di stato, ma lo ripeto: occorre uscire dai stringenti e soffocanti parametri europei.

Il coronavirus sta realmente devastando le economie dei paesi interessati? Una soluzione quale potrebbe essere?

Finanziamenti della BCE

L’alternativa in salsa eurocentrica, di tanto in tanto messa in atto dalla BCE, riconduce a programmi, come il TLTRO, cioè finanziamenti concessi agli istituti di credito, purchè finalizzati ad erogare denaro a soggetti come le imprese.

Peccato che poi le banche, per non correre eccessivi rischi, elargiscano tale denaro solo a determinate tipologie aziendali.  Solitamente grossi gruppi imprenditoriali, lasciando a bocca asciutta coloro che ne avrebbero maggior bisogno.

Personalmente, sono favorevole ad accantonare le vecchie politiche e largo quindi ad una nuova politica monetaria, basata sulla creazione di denaro di proprietà statale, senza più emissione di una pari quantità di debito pubblico.

Il tutto in base a parametri quantitativi basati sulla moneta circolante.

Diversamente, vediamo la messa in onda, per l’ennesima volta, di quel pietoso copione che vede da un lato lo Stato supplicare qualche sforamento di bilancio alla Commissione europea,. E magari condito da pietosi rinvii di pagamenti (ma se un’azienda non fattura, come fa a pagare, sia pure in ritardo?).

Per altro verso, un’altrettanto pietosa Commissione europea si limita ad annunciare una sorta di task force, che non si capisce neppure bene cosa dovrebbe fare e con quali poteri.

Da parte sua, la BCE certo non potrebbe varare neppure un acquisto di titoli del debito in fase di emissione, perché avverrebbe in violazione dei principi cardini dell’eurozona.

A maggior ragione, quindi, una vera soluzione all’infuori di una nuova politica monetaria, francamente non si vede.

Quanto, in particolare, al governo italiano, almeno la messa in scena dei pannicelli caldi fatti di rinvii e di non si sa bene quale altra mirabolante invenzione, potrebbe anche risparmiarsela.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT