Nulla di più scontato che la FED ieri sera non muovesse una virgola.
I tassi sono rimasti fermi al 2.5% livello raggiunto a dicembre 2018 e lasciato in eredità da Janet Yellen a Jerome Powell.
E così è stato!
E’ un eredità troppo preziosa perché a Powell e al suo board venga voglia di sprecarla sulla base di spinte emozionali o delle reiterate pressioni della Casa Bianca.
Uno sforzo che la Yellen diluì in tre anni e ben nove mosse di piccoli ma,gradualmente, sempre più significativi rialzi.
Attenzione alle intenzioni
L’attenzione si è dunque rivolta ai temi che hanno accompagnato la seduta della Federal Reserve: alle intenzioni che dai vertici del board traspaiono più o meno ufficialmente.
E qui viene l’interessante.
Specialmente considerando che il 2019 si era aperto sull’aspettativa di almeno due nuovi rialzi dei tassi di interesse USA.
Ora la musica è completamente diversa.
E’ stato ribadito quanto già espresso lo scorso 4 giugno per il tramite di un intervento dello stesso Powell.
La banca centrale garantì riguardo al suo futuro operativo questa precisa intenzione che riportiamo.
“La FED agirà in modo appropriato per sostenere l’espansione, con un mercato del lavoro forte e un’inflazione vicina all’obiettivo simmetrico del 2%”.
Ora ci troviamo in una fase delicata dopo avere, anche recentemente, il ciclo economico americano toccato picchi dieccellenza su diverse voci macroeconomiche.
Le incertezze a livello globale
Convivono incertezze a livello globale, alimentate dagli stessi USA, con la cosiddetta guerra dei dazi, in assenza comunque di pressioni inflazionistiche.
Anzi si viaggia spesso sotto il target ideale di inflazione.
Quindi da un lato potrebbe a breve essere necessario dare “alimento monetario” all’economia dall’altro lato l’inflazione debole non va presa alla leggera.
E nuova massa monetaria potrebbe, se improduttiva, portare addirittura ad uno scenario deflazionistico.
Quindi ci troviamo di fronte a una FED pronta, direi prontissima ad intervenire ma allo stesso tempo non frettolosa.
La Federal Reserve ha sì rimosso l’aggettivo “paziente” dal comunicato diramato al termine del meeting ma nel contempo non si è posta scadenze precise per intervenire sui tassi.
In ogni caso un atteggiamento che prelude a movimenti rapidi ed incisivi in futuro ove i dati macroeconomici segnalassero la necessità di trovare supporto tramite tagli dei tassi.
E addirittura si ipotizza anche il ritorno ad un massiccio QE ove necessario.
Insomma ci troviamo di fronte ad una FED attendista ma che per le Borse si pone come garantista di stabilità e tenuta.