16 Dicembre 2015: la trappola della Fed di Giancarlo Prisco

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Come di consueto, anche questi giorni di fine 2015 si stanno caratterizzando per una frequenza sempre piu’ elevata di “previsioni” relativamente agli andamenti che si ritiene i mercati finanziari potranno assumere nel 2016. Abitualmente questa “corsa all’anticipazione” e’ motivata da un serio desiderio di esprimere un’opinione o un commento di spessore, ma talvolta e’ anche solo una mero tentativo di “cavalcare il momentum”.

Tra i “previsori” notiamo grandi banche di investimento o semplicemente intermediari finanziari (escludendo gli economisti che non lesinano mai di dare un parere generico su tutto). Da queste “previsioni”, pero’, non sempre se ne traggono profitti in termini di immagine. Prendiamo, ad esempio, la banca di investimento Goldman Sachs la quale si e’ esposta – in maniera dimostratasi successivamente errata – con una previsione ribassista sull’EURUSD, sicura che la BCE avrebbe attivato il QE2.

Il problema di fondo che sta minando la credibilita’ di ogni previsione è l’impossibilita’, in questo determinato periodo storico, di poter sostenere previsioni che siano sia statisticamente sia logicamente significative. Cio’ per molteplici motivi.

Pur dovendo affrontare un contesto di “currency war” ampiamente noto nei suoi dettagli macroeconomici, dobbiamo ritenerci in una congiuntura finanziaria assolutamente nuova, dove le Banche Centrali stanno lavorando in coordinamento, ma per sviluppare accordi reciproci di compensazione finalizzati al solo obiettivo di evitare un collasso dei mercati.

Il Dollaro statunitense continua ad apprezzarsi in maniera altalenante e questo annulla perlopiu’ i benefici delle politiche di svalutazione attuate dai paesi emergenti. L’Australia è un caso eclatante, laddove l’evidente difficoltà della sua Banca Centrale nell’incentivare una economia basta sull’esportazione di materie prime, continuamente al ribasso, e nel contenere una bolla immobiliare senza precedenti, potrebbero portare serie difficolta’ nel governo del paese.

La crescente instabilita’ nel mercato Forex e l’aumento dei costi di protezione contro le fluttuazioni dei tassi di cambio, sta costringendo gli esportatori a spostare il loro focus maggiormente sulla produzione nazionale.

L’incertezza nel mercato valutario potrebbe indurre molte economie a “chiudersi” nei confronti del commercio mondiale.Se tutti svalutano per recuperare competitività, il minimo vantaggio iniziale viene compensato in poco tempo e il game diventa a somma zero.

Il 2015, dunque, ci lasciauna forte presenza della volatilita’, elemento che mancava sul mercato da qualche tempo e che rende la vita più facile per investitori e fondi di investimento. Tutto ciò che si voleva comprare in passato, garantiva una buona prestazione.Sarà necessaria, in futuro, una profonda ristrutturazione nel modus operandi mantenuto finora, adattandosi alle nuove regole del mercato.

Il ruolo della Federal Reserve statunitense in questo frangente e’ di grande importanza.

Quanto tutti si sarebbero aspettati dal maggior player della finanza mondiale, finora, non c’e’ stato. Confusione negli annunci, incoerenza temporale nelle decisioni,mancanza di unità d’intenti tra “falchi” e “colombe” del Board, crescente influenza dell’incertezza politica causata dalla “corsa presidenziale” negli Stati Uniti (che durera’ fino al 2017), reputazione in calo del suo Governatore, Yellen, causata da un’evidente incapacita’ nel gestire la situazione di conflitti interna alla Federal Reserve,ed una “certa” sensazione di indecisione, tutto questo sta caratterizzando il comportamento della Federal Reserve. Il suo QE sarebbe dovuto essere terminato almeno 3 anni fa, ma a causa di un’economia interna che non cresce si sta continuando a stampare moneta alimentando una bolla di liquidità, una crisi sistemica dell’economia reale, un debito pubblico ormai incalcolabile, ed una disoccupazione che alcuni siti web non ufficiali attestano a cifre superiori al 20%.

In questo scenario emerge indubbiamente una forte e netta differenza sostanziale tra la Federal Reservestatunitense e la Banca Centrale Europea.La BCE ha un uomo forte al comando, Mario Draghi, che ha un appoggio forte nel Board ed ha dimostrato grandi capacità nell’applicare la sua volontà, in primis la caduta del cambio EURUSD. La fiducia che i mercati hanno riposto in lui dimostra l’efficiacia delle sue modalità comunicative.

Il 3 dicembre scorso qualcosa di ulteriore e’ accaduto nella BCE. Leggendo i testi delle dichiarazioni ufficiali (cosa che suggerisco a tutti i trader), il 20 novembre scorso, Draghi fece una dichiarazione non raccolta particolarmente dai mercati (“whatever it takes”) relativamente alla pressione nell’intraprendere nuove misure.Il 3 dicembre scorso si è passati ad una modalita’ piu’ decisa(“we will do what we must”).Il Governatore della BCE, dunque, ha evidenziato una posizione “attendista” della BCE(tasso di rifinanziamento immutato, ampliamento del programma di espansione monetaria ritardato al momento in cui sara’ stato nominato il nuovo presidente degli Stati Uniti, ossia al marzo 2017, e nessun QE2), evidenziando ulteriormentei ritardi della Federal Reserve e distaccandosene implicitamente.

In questo scenario di totale confusione, il 16 dicembre prossimo, sulla spinta delle banche di investimento statunitensi “sembrerebbe” che il Governatore Yellen possa apprestarsi ad operare l’agognato aumento dei tassi.

La domanda e’: un aumento simbolico dello 0.25% a chi gioverebbe?

Un rialzo dei tassi affrettato potrebbe provocare aspettative di nuovi aumenti a breve termine, ed avviare spirali viziose di contrazione dell’economia, fallimenti del mercato immobiliare (da cui l’economia statuintense dipende) e minori consumi, un impatto negativo sul costo del lavoro e quindi una riduzione dei salari, e soprattutto (aspetto delicato da considerare) un maggiore costo per effettuare investimenti in settori sensibili dell’economia (in primis, ricerca e sviluppo, difesa ed ordine pubblico).

Il rialzo dei tassi avrebbe come unico beneficio il contenimento dei danni reputazionali che finora la Federal Reserve ha subito. Questo nei confronti di un effetto annuncio che avrebbe trovato concretizzazione. Di diverso avviso, invece, bisognerebbe essere nei confronti degli effetti che questo rialzo potrebbe scaturire i quali potrebbero essere ben diversi (se non opposti) da quelli attesi.

Il mio consiglio, dunque, e’ il 16 dicembre preferite l’uscita di “Star Wars” alle “Currency Wars”.

Ne riparliamo il 17.

Giancarlo Prisco

Vive in Spagna e collabora con diversi siti di finanza spagnoli.

Dal 2015 é analista per Admiral Markets per il mercato spagnolo e partecipa ad eventi internazionali come il Forex Day di David Aranzabal. E’ direttore della sala DAX della società americana Simplementetrading.com. La sua specialità sono gli indici e il mercato Forex, dove utilizza una sua personale tecnica denominata “Sensitive Prices” basata sui livelli sensibili di prezzo e l’analisi volumetrica.