126 anni fa ci ha lasciato Marina Cvetaeva e oggi si ricorda il suo anniversario di nascita. La poesia rende immortali… Lo dimostra una poetessa, Marina Ivanovna Cvetaeva. I suoi versi, infatti, riescono ancora a commuovere miriadi di lettori. Le ricorrenze meritano di essere onorate: 126 anni fa ci ha lasciato Marina Cvetaeva e oggi si ricorda il suo anniversario di nascita.
L’infanzia e l’adolescenza
Oggi si ricorda il suo anniversario di nascita. Marina Cvetaeva nasce, infatti, l’8 ottobre 1892 a Mosca (26 settembre secondo il calendario giuliano). È figlia d’arte: i suoi genitori sono Van Vladimirovič Cvetaev, professore di Belle Arti, e la pianista Marija Aleksandrovna Mejn. Questo ambiente familiare le permette, fin da subito, di sviluppare una sensibilità poetica fuori dal normale. La sua prima raccolta di poesie, “Album serale”, è estremamente precoce: risale solamente al 1910. Questa sua delicatezza viene, però, messa alla prova, quasi subito, dalla lunga malattia e dalla morte della madre, avvenuta nel 1906.
Si può dire, in qualche modo, che questo dolore sia stato decisivo per la sua carriera poetica. Ad appena 19 anni sposa Sergej Efron, con il quale ha due figlie. Il marito si arruola nell’Armata Bianca, un movimento che anticomunista che auspica il ritorno dello zar, e questa decisione provoca non pochi problemi alla donna. Non riuscendo a mantenere economicamente la prole, decide di mandare la figlia minore, Irina, in orfanotrofio. La bambina viene condannata a un destino crudele: muore di inedia nella struttura di accoglienza. Tutto il periodo di Stalin per la poetessa rappresenterà puro terrore.
Ci ha lasciato nel 1941
Dopo continue vessazioni, nel 1922, la famiglia emigra, prima in Germania, e poi in Repubblica Ceca, trasferendosi definitivamente a Parigi nel 1925. Lì nasce Georg e la sua attività letteraria viene apprezzata dai migliori salotti della capitale. Nel 1937, il compagno e l’altra figlia, Ariadna, decidono di tornare in patria. A Marina non sembra una buona idea, ma a malincuore li lascia andare. Non avendo a lungo loro notizie, si fa coraggio, e due anni dopo rientra in Russia con il figlio.
Ma scopre delle terribili verità: il compagno è stato fucilato e Ariadna deportata in un gulag. Cvaetaeva e il figlio vengono evacuati e trasferiti a Elabuga. Lì sono costretti a vivere nella più totale indigenza. La donna non riesce più a comprare nemmeno un vestito al figlio e sente di aver perso la propria dignità. Non riuscendo a reggere il peso della propria sorte, il 31 agosto del 1941 pone fine alla sua vita, impiccandosi.
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